Il Covid-19 resterà in Italia fino ad agosto?
Il nuovo coronavirus potrebbe accompagnarci fino all’inizio di agosto. È la previsione di una proiezione del Chinese Pla General Hospital di Pechino diretto da Wangping Jia, che ha confrontato l’epidemia da nuovo coronavirus nella provincia cinese di Hunan (la provincia in cui si trova Wuhan) e l’Italia in uno studio pubblicato su Frontiers in Medicine.
Lo studio cinese, che ha anche fissato una data precisa per la fine dell’epidemia in Italia (il 6 agosto) evidenzia come, in base ai dati, l’allentamento delle misure in Italia “sia arrivato troppo presto”, e che il rischio che il nostro Paese si trovi ad affrontare “una seconda ondata di casi” di Covid-19 è possibile. “Pensiamo – ha spiegato Jia – che sia troppo presto per allentare le restrizioni a partire dal 4 maggio. La potenziale seconda ondata potrebbe arrivare se le restrizioni venissero allentate tre mesi prima” rispetto ad agosto, sottolineando che “l’Italia non è alla fine del periodo dell'epidemia di Covid-19”.
La provincia cinese dello Hunan e l’Italia sono simili per dimensioni della popolazione, (hanno entrambe circa 60-70 milioni di abitanti), ma l’impatto della pandemia in queste due aree è stato molto diverso. Al momento della pubblicazione dello studio, l’Italia aveva il secondo più alto numero di decessi dopo gli Stati Uniti e si collocava al terzo posto per infezioni, secondo il Coronavirus Resource Center della Johns Hopkins University. Il tutto contro poco più di 1.000 casi confermati nello Hunan, stando ai dati ufficiali delle autorità cinesi. Il team di ricerca ha utilizzato i dati del database della John Hopkins fino al 2 aprile per mappare la tendenza dell'epidemia in Hunan e in Italia. I ricercatori hanno modificato un modello matematico standard noto come modello suscettibile di infezione (Sir) per tenere conto degli effetti di diverse misure di prevenzione.
Il modello ha mostrato che potrebbero esserci in totale 3.369 casi (tra 840-8.013) nello Hunan, con la fine dell’epidemia già avvenuta intorno al 3 marzo. Di contro, la previsione al 2 aprile aveva previsto in Italia tra i 116.114 e i 274.378 (e abbiamo appurato che la realtà ha già superato abbondantemente la stima per difetto). Secondo lo studio questa grande differenza sarebbe dovuta al fatto che l’Italia potrebbe non aver implementato misure di prevenzione in tempo, ipotizzano i ricercatori, poiché il modello eSir ha dimostrato che intervenire in anticipo nel caso dell’Hunan ha ridotto drasticamente i tassi di infezione.
Gli autori hanno osservato che “dall'esperienza della Cina, varie misure di controllo, tra cui la diagnosi precoce e l'isolamento di individui con sintomi, le restrizioni dei movimenti, il monitoraggio medico e gli screening in entrata o in uscita, possono impedire efficacemente l'ulteriore diffusione di Covid-19”. Gli autori ammettono comunque che lo studio ha diversi limiti. È probabile che il numero di persone infette, in Italia e altrove, sia superiore al conteggio ufficiale. Inoltre potrebbero esserci altri fattori a influenzare la stima, come ad esempio l’effetto dei super-diffusori.