Covid-19, nel Brasile di Bolsonaro si rischia la catastrofe umanitaria
Il Brasile è uno dei Paesi al mondo che sta affrontando con più difficoltà l’emergenza Covid-19. Al momento i morti nel Paese sono oltre 11mila, con circa 163mila persone positive. Il Brasile potrebbe diventare il Paese con il record mondiale di vittime del nuovo coronavirus. A sostenerlo è una proiezione realizzata dalla società americana Kearney, specializzata nell’elaborazione di scenari. Secondo gli esperti di Kearney, la grande flessibilità nelle misure di isolamento sociale e la mancanza di azioni di ampliamento urgente all’infrastruttura di salute pubblica potranno generare un’escalation di vittime nel Paese. Le proiezioni, pubblicate dal quotidiano brasiliano Estado de S.Paulo, mostrano che, nello scenario più pessimista, il Brasile potrebbe arrivare ad avere circa 295mila vittime entro il 20 dicembre. In uno scenario intermedio questo numero potrebbe arrivare a 78mila vittime, e nella migliore delle ipotesi (quella in cui il Paese rispetterà le misure di isolamento sociale) si potrebbe arrivare a 28mila vittime.
Un presidente negazionista
Oltre ai problemi comuni a tutte le nazioni alle prese con la pandemia, si aggiunge un problema alla base di tutto: il presidente Jair Bolsonaro continua a minimizzare. Oltre ad aver più volte sostenuto che il virus è una semplice influenza, il presidente insiste nel mostrarsi mentre frequenta luoghi affollati, incontra sostenitori, stringe mani. Si è persino spinto nel licenziare il suo ministro della Salute, Luiz Enrique Mandetta, reo di aver preso seriamente la lotta al coronavirus ed essersi allineato nel disporre misure di contenimento simili a quelle in vigore negli altri Paesi del mondo. In un video del 10 maggio il presidente spiega: "il 70% dei brasiliani prenderà il virus, non c'è modo di impedirlo, ma cosa dobbiamo fare? Chiudere tutto? Assurdo, è una follia".
L'argine al virus grazie ai governatori
Attualmente sono in vigore delle misure di contenimento sociale grazie alle iniziative prese in ordine sparso dai governatori degli Stati, con i quali Bolsonaro è da mesi in aperta polemica.
Gli Stati della federazione più colpiti dal virus sono Sao Paulo, Rio de Janeiro e Amazonas. In quest’ultimo, in particolare, il virus ha preso piede con maggiore ferocia, complice la precaria rete di sanità pubblica. Già lo scorso aprile il sindaco di Manaus (capitale dello Stato di Amazonas), Arthur Virgilio Neto, in lacrime davanti alle telecamere, aveva invocato l’aiuto del governo federale e dei Paesi più ricchi del mondo per frenare l'epidemia che già stava falcidiando la popolazione amazzonica con un tasso di contagi e di decessi al di sopra della media nazionale brasiliana e ha già costretto le autorità di Manaus a scavare fosse comuni nei cimiteri. “Siamo al collasso, abbiamo bisogno di medici, infermieri e apparecchiature per la terapia intensiva. Le strutture sanitarie sono stracolme ed i medici devono scegliere chi curare in base all'età dei pazienti, siamo alla barbarie”, ha denunciato il sindaco, che ha fatto arrivare a Manaus due container refrigerati per sistemare i cadaveri in attesa della sepoltura in fosse comuni scavate in tutta fretta nel cimitero di Nossa Senhora Aparecida. Il numero delle sepolture è aumentato del 50% rispetto alla media registrata prima dell'epidemia.
L’appello di Sebastiao Salgado
L’aggressività del virus in Amazzonia è agevolata dalla presenza delle popolazioni indigene, che storicamente hanno difese immunitarie molto più basse rispetto al resto della popolazione. Per questo il celebre fotografo Sebastião Salgado insieme a sua moglie Lélia Wanick Salgado ha lanciato una petizione che in pochi giorni ha raccolto oltre ventimila firme. Tra cui quelle di numerosi artisti: Ai Weiwei, Norman Foster, Meryl Streep, Oprah Winfrey, Pedro Almodovar, Brad Pitt, Richard Gere, Paul McCartney, Madonna e Chico Buarque. “Chiediamo al presidente della Repubblica, Jair Bolsonaro, e ai dirigenti del Congresso e della Magistratura di adottare misure immediate per proteggere le popolazioni indigene del Paese da questo devastante virus. Queste popolazioni indigene fanno parte della straordinaria storia della nostra specie. La loro scomparsa sarebbe una tragedia estrema per il Brasile e una perdita immensa per l’umanità. Non c’è tempo da perdere”, spiega il fotografo all’interno del video realizzato dal regista Fernando Meirelles per l’agenzia Contrasto, in cui si susseguono venti foto scattate dallo stesso Salgado. L’artista ha infatti trascorso gli ultimi sette anni a contatto con tribù indigene per la realizzazione di un progetto fotografico. “Oggi – spiega Salgado – gli indios brasiliani rischiano il genocidio. Le loro comunità sono tra quelle più in pericolo a causa di difese immunitarie più basse per la vita isolata in luoghi remoti e per l’accesso praticamente inesistente alle strutture sanitarie”. La diffusione del Covid-19 in Amazzonia è stata alimentata dalle attività illecite di minatori, taglialegna e accaparratori di terre che in questo periodo hanno invaso senza essere controllati i territori riconosciuti agli indios per loro uso esclusivo. Dopo essere stati già duramente colpiti dagli incendi e dalle acque avvelenate dei fiumi, i popoli indigeni, come quelli che vivono isolati nel bacino amazzonico, rischiano di essere spazzati via dalla pandemia.