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Vela o azienda: un simile approccio al rischio

Il velista Giancarlo Pedote ha raccontato come si sta preparando alla prossima Vendée Globe, un giro del mondo in solitario che lo impegnerà per due mesi. Il conseguimento di un obiettivo è frutto di strumentazione adeguata e di un attento studio delle situazioni finalizzato a gestire le performance

Quanto la navigazione in mare è relax e quanto è avventura di cui saper gestire i rischi? 

La sicurezza e l’attenzione sono sempre una dotazione indispensabile quando si va per mare, ma il cursore certamente si sposta verso l’alto nel momento in cui si affrontano le onde per competizione. In questo caso, la preparazione della partenza deve tenere in considerazione moltissimi parametri ed è necessario lavorare sui particolari, così come può avvenire per le spedizioni alpine che affrontano l’Himalaya.
Un impegno tanto più lungo – anche qualche anno - quanto più difficile è l’avventura che ci si prepara a vivere, un viaggio che va progettato e pianificato nei particolari, di cui è necessario prendere in considerazione ogni incognita e ogni possibile soluzione: un approccio simile a quello richiesto alle imprese nel valutare i rischi di un nuovo progetto. Questo parallelo ha fatto da sfondo al webinar, organizzato da Anra, che ha avuto come protagonista Giancarlo Pedote, plurititolato skipper di Prysmian Group - vincitore della Transat Jacques Vabre nella classe Multi 50 nel 2015, 2 volte Champion de France Promotion Course au Large en Solitaire, 2 volte Campione del Mondo classe Mini 6.50; 2° alla Minitransat 2013, Velista dell’Anno 2013 e 2015 – che si sta preparando per affrontare nel 2020 la sua prima Vendée Globe, un giro del mondo in solitario senza possibilità di attracco né di assistenza esterna in caso di problemi, una corsa di due mesi che mette alla prova l’uomo e le capacità della barca di fronte alle incognite della natura.
Prima domanda: l’obiettivo
I rischi da considerare sono di diversa natura: tecnici, tecnologici, oggi anche digitali, ma poi c’è il rischio umano – la stanchezza, la tenuta psicologica e quella fisica – e l’incognita determinata dagli elementi naturali, il mare, il vento, il meteo. Rischi operativi e rischi strategici, ai quali in una gara si aggiungono gli altri concorrenti, i competitor.
Secondo Pedote i rischi si calcolano in base agli obiettivi: quando si approccia una regata ci si deve chiedere perché la si vuole affrontare, dal semplice piacere alla possibilità di vittoria: “Da qui si approcciano i rischi di conseguenza. Se si parte dallo status di favorito la preparazione deve essere molto precisa e bisogna essere pronti ad assumersi dei rischi, tanto maggiori quanto più grande è l’obiettivo. Questa è la prima volta che affronto la Vendée, ho un ruolo di outsider e quindi in termini di presa di rischio lascerò ad altri di giocarsi tutto per vincere o perdere”.
La Vendée Globe è una delle prove più dure per un velista, 25mila miglia in mare aperto con partenza dal porto francese di Les Sables-d'Olonne e rientro allo stesso dopo oltre due mesi. “Il rischio maggiore quando fai un giro del mondo è di non finirlo: non c’è una seconda possibilità e se hai un problema che costringe al ritiro hai reso inutili gli sforzi di anni. Nella preparazione le mie azioni rispondono al criterio di trovare un equilibrio tra performance della barca e affidabilità; punto quindi a proteggermi dai rischi più grandi, che in questo tipo di gara sono i problemi alla struttura della barca, ai timoni, alla produzione di energia. Come prima partecipazione il mio obiettivo è terminare la gara, quindi scelgo di prediligere la resistenza piuttosto che la velocità”.
Tutti gli strumenti per affrontare l’incognito
Come nell’attività di gestione del rischio delle imprese, alla base ci deve essere una solida e ampia raccolta di informazioni, dalla conoscenza dettagliata delle “strutture” a disposizione fino allo studio dei fattori esterni e delle loro potenzialità di impatto; la conoscenza dei propri mezzi tecnici permette di settare la performance, mentre la valutazione dei fattori esterni consente di mettere in atto delle azioni di mitigazione del rischio. Anche Pedote, per prima cosa, si è posto l’obiettivo di conoscere bene la barca, concentrandosi poi sull’acquisire esperienza di manovra su questo specifico natante. L’utilizzo in differenti situazioni ha consentito la raccolta di informazioni sul comportamento della barca, dati che saranno utili durante la navigazione. Per gestire la performance Pedote si affida alla raccolta di informazioni esterne, per la quale è necessaria strumentazione attentamente calibrata, a partire da anemometro e bussola, “tutti i dati sono elaborati al computer con un sistema che mi consente di simulare situazioni di navigazione e di associare ad ognuna di esse le performance medie, utili alla definizione delle strategie”. Su barche studiate per raggiungere prestazioni di velocità fino a pochi anni fa non immaginabili, la tecnologia svolge un ruolo essenziale anche per l’attività di monitoraggio della navigazione: oltre all’evoluzione degli strumenti “storici” del navigante, oggi si possono adottare sistemi sofisticati quali le telecamere ad infrarossi, in grado di avvistare oggetti galleggianti e di avvisare se questi si trovano in rotta di collisione con il natante, una funzione utilissima se si considera che la quantità di materiale in mare è molto elevata e che la collisione rappresenta una delle cause più frequenti di incidente (non è infrequente neppure la presenza di container caduti dalle navi).
Come per le imprese – e nella vita – molto si può fare per tutelarsi e facilitare la strada ma, conclude Pedote, “il viaggio va affrontato nella consapevolezza che il rischio non è completamente preventivabile”. 

Altrimenti che avventura sarebbe?