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Allerta sul sistema Pmi

La crisi economica che avrà origine dalla pandemia di Covid-19 colpirà in modo pesante le piccole e medie imprese: per fare fronte al previsto calo di redditività servono iniziative strutturali e liquidità

La pubblicazione a luglio del nuovo Rapporto Regionale Pmi 2020, realizzato da Confindustria e Cerved, evidenzia chiaramente uno scenario molto critico per quanto riguarda la tenuta delle piccole e medie imprese italiane nel post Covid-19, e auspica la messa in atto di misure di sostegno che permettano alle aziende di superare i prossimi mesi di grave difficoltà e di ripartire anche su nuove e più solide basi.
Lo studio, realizzato in collaborazione con Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, prende in considerazione lo stato di salute di 156 mila società italiane che contano tra i 10 e i 249 addetti e per questo rientrano nella definizione europea di Pmi, una moltitudine di imprese sparse su tutto il territorio nazionale più fragili, perché di piccole dimensioni, ma determinanti per la struttura dell’economia italiana. La distribuzione sul territorio conta 53 mila imprese di piccole e medie dimensioni collocate nel Nord-Ovest, 40 mila nel Nord-Est, 32mila nel Centro Italia e 31mila al Sud. In totale le Pmi italiane producono un valore aggiunto pari a 224 miliardi di euro, di cui il 39% prodotto nel Nord-Ovest, il 28% nel Nord-Est, il 18% del Centro e il 15% nel Sud.

La crisi Covid si somma a una fase di rallentamento
Il Covid-19 e le conseguenti misure di contenimento messe in atto dal Governo, si sono abbattuti su un segmento produttivo che già nel 2018 aveva mostrato segni di frenata della ripresa post crisi 2008 avviata nel 2013: se il fatturato 2018 è cresciuto del 4,1% in termini nominali dal 4,4% dell’anno precedente, le stime per i bilanci 2019 indicano un tasso a livello nazionale più che dimezzato e pari a solo 1,3%. La redditività netta, che nel 2017 segnava a livello di media nazionale l’11,7% in termini di Roe, è scesa all’11% nel 2018 e a 9,3% nel 2019, con un gap di 1,5 punti tra Pmi del nord e del sud. Anche partendo da solide basi accumulate, gli effetti economici del Covid-19, con il rischio di una lunga recessione, potrebbero determinare un incremento dei fallimenti e una perdita netta di capacità produttiva.
Ma la crisi del segmento Pmi emerge anche dai dati anagrafici: tra 2018 e 2019 il numero delle nuove imprese avviate è calato del 5,8%, i fallimenti sono cresciuti del 12,4% e le liquidazioni volontarie dell’1,7%.
Gli esiti della crisi saranno necessariamente diversi a seconda dei territori e dei settori produttivi: se durante l’emergenza il comparto del trasporto aereo ha segnato un -51%, alcuni (pochi) segmenti hanno avuto risultati positivi, come quelli collegati al commercio online (+35%) e alla produzione dei dispositivi medici (+17%). In termini territoriali, hanno avuto un impatto meno negativo le imprese del Mezzogiorno, più tipicamente operanti in settori anticiclici o definiti essenziali.

Redditività fino a -40%
Per una stima, Cerved ha realizzato un modello predittivo secondo il quale nel 2020 il fatturato delle Pmi segnerà un calo complessivo del 12,8%, per poi avere un rimbalzo positivo del 11,2% l’anno successivo, ancora però non sufficiente a tornare ai livelli pre-Covid e con una perdita di fatturato stimata in 227 miliardi di euro. Ma Cerved mette in conto anche uno scenario più pessimistico, determinato da nuove gravi impennate di Covid-19: in questo caso nel 2020 i ricavi segneranno un -18,1% e il rimbalzo 2021 arriverà a +16,5%, con una perdita di fatturato stimata in 300 miliardi di euro. In termini di redditività, si stima per il 2020 un pesantissimo -40% rispetto al 2019, e anche con il rimbalzo atteso per il 2021 i margini resteranno di circa il 10% inferiori allo scorso anno. 

Servono interventi strutturali
Il Rapporto regionale Pmi 2020 calcola anche un aumento delle probabilità di default tra le Pmi dall’8,4% al 13,9%, che potrebbe arrivare fino al 18,8% se un contagio diffuso dovesse bloccare nuovamente la produzione. Più che il settore di appartenenza, in questo caso avrebbe maggiore rilevanza la solidità dei fondamentali dell’impresa, e ad essere più colpite potrebbero essere le aziende che risiedono nel Centro e nel Mezzogiorno: potrebbero venire classificate come “rischiose” il 26% delle Pmi meridionali (una quota che arriva al 64,4% considerando anche le “vulnerabili”) e il 22,9% di quelle del Centro (58,7%), contro il 14,2% (42,6%) nel Nord-Est e il 14,8% nel Nord-Ovest (43,8%).
La conclusione a cui giunge il Rapporto è che in ogni caso la crisi Covid determinerà un indebolimento del tessuto produttivo e segnerà un incremento del divario tra le Pmi del Nord e quelle del Sud, ragione per cui è opportuno continuare da subito con politiche di sostegno e investimenti che abbiano carattere strutturale e in prospettiva impostare una svolta nella politica industriale e territoriale italiana.