Pmi: riorganizzarsi per ripartire
Da alcuni mesi, questo giornale sta seguendo l’evolvere della situazione delle imprese italiane legata alla crisi pandemica, dando spazio ai molti studi che hanno offerto materiale utile per disegnare la situazione. Un’ulteriore analisi viene fornita da Borsadelcredito.it che sintetizza le più evidenti tendenze e avanza un’ipotesi sull’esito di una situazione economica densa di criticità.
Il tema centrale riguarda il fatto che le difficoltà che le piccole e medie imprese si trovano a vivere quest’anno si innestano in una fase di rallentamento della crescita che aveva caratterizzato il segmento a partire dal 2014, quando si era riusciti ad emergere dalla situazione nata con la crisi finanziaria del 2008. Il percorso fatto dalle imprese italiane fino allo scorso anno era stato guidato dalla volontà di rafforzare i fondamentali finanziari puntando alla solidità economica, e gli esiti di questi sforzi, rilevati dagli studi di Cerved-Confindustria, erano stati positivi, con il peso dei debiti finanziari in rapporto al capitale netto sceso nel 2018 al 63% rispetto al 66% del 2017 e ancor più al 116% del 2007. Dal lato opposto, però, è possibile che molte imprese abbiano risentito di difficoltà esterne, in particolare legate ai mercati internazionali – per se stesse o perché parte di una filiera –, che nel biennio pre-pandemia erano rappresentate da forti tensioni derivanti soprattutto dalla crisi Usa – Cina, dai blocchi commerciali e, in Europa, dalla Brexit.
Il Report regionale Pmi 2020 di Cerved – Confindustria mette in evidenza il rallentamento segnalando per il 2017 una crescita di fatturato in termini nominali del 4,4%, seguito da un +4,1% nel 2018, a cui le stime per i bilanci del 2019 rispondono con tassi di crescita dei ricavi ridotti a solo +1,3%. Nello stesso periodo il costo del lavoro è aumentato più del valore aggiunto (+5,6% nel 2018), con l’esito di poter contare su una redditività netta in termini di Roe che ha toccato l’11,7% nel 2017, per poi scendere all’11% nel 2018 e al 9,3% nel 2019.
L’impatto della seconda ondata
Gli esiti per le Pmi delle chiusure per il contenimento del contagio da Covid e di un anno che sotto molti punti di vista ha rappresentato un’anomalia nei rapporti di mercato, si stanno evidenziando in una mancanza di liquidità per far fronte alle spese fino a fine 2020 segnalata da oltre la metà delle imprese, il 38% segnala rischi operativi e di sostenibilità dell’attività e il 42,8% ha richiesto un supporto per liquidità e credito.
Secondo Borsadelcredito.it, non è sorprendente che tra marzo e aprile di quest’anno più del 70% delle imprese (pari al 73,7% dell’occupazione) abbia rilevato una riduzione del fatturato, con il 41,4% che afferma di averlo ridotto di oltre il 50% rispetto allo stesso bimestre del 2019, il 27,1% che registra una riduzione tra il 10% e il 50% e il 3% di meno del 10%, mentre solo l’8,9% delle aziende segnala un valore di fatturato stabile.
Gli esiti della pandemia si faranno sentire pesantemente sui risultati delle Pmi per il 2020, con strascichi che continueranno a manifestarsi anche nel 2021: la seconda ondata del Covid sta allontanando l’ipotesi di una contrazione del fatturato limitata al 12,8%, dato considerato nello scenario migliore, mentre si avvicina un’ipotesi di calo dei ricavi del 18% (circa 300 miliardi di euro) con un rimbalzo nel 2021 – in assenza di pandemia – del +16,5% nel 2021).
Altro impatto rilevante si manifesterà sulla dinamica demografica di impresa, che dopo una crescita iniziata nel 2013 si era fermata già nel 2018, segnando lo scorso anno un -5,8%, pari a 93mila aziende: inutile dire che per il 2020 ci si attende un decremento maggiore a causa di fallimenti e liquidazioni volontarie.
Stimoli per il futuro
Guardando al futuro, punto di forza delle imprese saranno proprio i fondamentali finanziari positivi, che permetteranno alle Pmi di richiedere finanziamenti per il proprio sostegno da impiegare principalmente nella riorganizzazione di spazi e processi (23,2% delle aziende, secondo Istat) e modificando o ampliando metodi di fornitura dei prodotti/servizi (13,6%).
Borsadelcredito.it si augura che quanto sta succedendo possa avere “l’effetto di una scossa e costringere le imprese a un cambiamento epocale”, così come si è già visto nel corso dell’anno per la capacità di virare verso forme di lavoro a distanza e di cogliere l’occasione di diversificare il business verso prodotti essenziali. Una delle direttrici suggerite è la digitalizzazione, grazie alla quale modificare l’organizzazione aziendale interna, la struttura commerciale, e puntare a soluzioni fintech.