Il Covid frena l’imprenditoria femminile
Sono un milione e 336mila in Italia le imprese guidate da donne, pari al 21,98% delle aziende totali. Il numero è in crescita costante dal 2014, ma ha subito un arresto lo scorso anno, a causa delle difficoltà collegate alla pandemia: il 2020 si è chiuso con un saldo negativo di 3.900 aziende al femminile in meno, portando l’indice di femminilizzazione nell’imprenditoria dal 22% del 2019 al 21,98% dello scorso anno. Una differenza percentuale minima, ma che corrisponde all’interruzione di attività di quasi 4.000 imprese con relativi dipendenti e impatto sull’indotto e che oltretutto va a sommarsi alle mancate nuove aperture.
Un nuovo allarme quindi per l’occupazione femminile, colpita più di quella maschile dalla perdita di lavoro nel 2020: secondo l’ultimo report Istat sul lavoro, il 2020 si è chiuso con 444mila occupati in meno, di cui 312mila sono donne; impietoso il dato del solo mese di dicembre, con 99mila donne che hanno perso il lavoro su 101mila occupati in meno totali.
Le donne del resto rappresentano una percentuale elevata di chi lavora nei settori più colpiti dalla pandemia - turismo, ristorazione, commercio al dettaglio - dove sono presenti in tutta la filiera ma dove ricoprono anche mansioni di servizio e in molti casi con contratti a termine: si pensi agli hotel e alle imprese di pulizie la cui attività è stata ridotta o sospesa per la chiusura degli uffici e il lavoro a distanza.
Per quanto riguarda le imprenditrici, i dati sono presentati dall’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, e forniscono l’occasione di una panoramica sull’impegno imprenditoriale delle donne nel nostro paese, un tessuto produttivo diffuso in maniera equilibrata in tutto il paese e che è mediamente più giovane di quello maschile. Il primo dato negativo riguarda proprio la componente più giovane delle titolari d’impresa, passata dal 12,02% del 2019 al 11,52% del totale ma soprattutto unico dato che si mostra negativo in tutte le regioni italiane.
Una presenza importante nei servizi
Complessivamente a fine 2020 si sono contate un milione e 336mila imprese guidate da donne, pari al 21,98% del totale contro il 22% del 2019.
Il settore che vede la concentrazione più elevata di imprese al femminile è quello dei servizi, con un tasso di femminilizzazione che è del 37% nella sanità e assistenza sociale, 30% nell’istruzione, 26% agenzie viaggio e servizi per le imprese, 21% nelle attività immobiliari e in quelle finanziarie e assicurative, mente tocca il 51% nella voce “altri servizi”.
La presenza femminile si fa importante anche in settori più popolati di imprese e più pesanti per il Pil come ristorazione e alberghiero (29%), agricoltura (28%) e commercio (23%).
A livello territoriale, si trova la concentrazione maggiore di imprenditrici nelle regioni del Centro-Sud, con il Molise al 27% del totale delle aziende, seguito da Basilicata (26%), Abruzzo (25%), Umbria (24,8%) e Sicilia (24,3%). Sono proprio le regioni del Centro ad aver registrato un maggiore impatto negativo dal Covid, con oltre 2.400 attività al femminile in meno (pari allo 0,81%), seguite dal Nord Est (meno 1.500) e dal Nord Ovest (1.200 in meno), mentre il Sud ha visto il dato crescere lo scorso anno di 1.300 unità (+0,26%).
A formare il saldo negativo di fine 2020 contribuisce la maggiore presenza di imprenditrici in alcuni dei settori più colpiti dalla pandemia: sono quasi 4.400 (-1,24%) le imprese femminili commerciali in meno rispetto al 2019, oltre 2.400 (-1,15%) quelle agricole, 870 (-0,91%) quelle manifatturiere. Al contrario, il 2020 ha visto la crescita in altri settori meno popolati, in particolare 1.475 nuove attività professionali (+3,59%), 1.253 attività immobiliari (+2,05%), 1.084 agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1,99%), 816 attività finanziarie ed assicurative (+2,99%).