Le aziende vorrebbero essere più leggere
Gli ultimi anni hanno visto aumentare le difficoltà per le imprese di produzione sotto molti aspetti. La pandemia è stata solo l’ultimo, e il più grave perché sistemico, dei problemi da affrontare. La difficoltà nel reperimento delle materie prime, le catene di approvvigionamento - capillari e per questo poco controllabili e molto esposte ai rischi, anche di natura locale -, le difficoltà di un mercato competitivo e che cambia rapidamente, l’aumento dei costi di produzione, la proliferazione normativa, l’adeguamento tecnologico e al trend della sostenibilità, sono solo alcuni dei fattori che stanno rendendo sempre più difficile fare impresa. Il tema non riguarda solo l’Italia, anzi sembra una convinzione diffusa ovunque nel pianeta, inclusi i paesi emergenti che vengono considerati in genere “più flessibili”.
Una misura di questo scoramento del settore produttivo arriva da uno studio di Roland Berger, che ha intervistato 200 top manager di imprese medie e grandi con un forte orientamento internazionale. L’analisi offre però in conclusione una possibile via di uscita, che si traduce in un invito a cavalcare le 6 mega-tendenze globali del momento.
Esternalizzare non è la soluzione
L’orientamento della maggioranza delle imprese va verso il desiderio di ridurre la produzione manifatturiera interna a favore di una struttura più leggera. Questa opinione è condivisa dal 60% degli intervistati asiatici (esclusa la Cina), dal 53% degli europei, dal 50% dei manager cinesi e dal 41% degli americani. Guardando alle strutture aziendali, il desiderio di snellire l’aspetto manifatturiero riguarda soprattutto le società più grandi, multinazionali con fatturati superiori ai 10 miliardi di euro (la pensa così il 61% del cluster), seguite dalle imprese che fatturano tra i 2 e i 10 miliardi di euro (54%), poi quelle tra i 500 milioni e i 2 miliardi di euro (47%) e infine le organizzazioni più piccole, sotto i 500 milioni di euro (33%).
Tutte le imprese negli ultimi anni hanno puntato a migliorare i propri risultati economici seguendo la medesima ricetta, che oggi pare non essere più sufficiente: riduzione dei costi, aumento della qualità e difesa dei margini di profitto. Il 67% dei manager intervistati conferma che il settore manifatturiero è sottoposto a forti pressioni per aumentare l'efficienza e ridurre i costi. Se questo approccio pare mostrare oggi i suoi limiti, la ragione sta certamente nelle difficoltà individuate nel contesto esterno, ma anche nel difficile adeguamento a nuove tendenze sempre più importanti e che contribuiscono alla competitività: sostenibilità, approccio disruptive, regionalizzazione, risposta al populismo, personalizzazione e digitalizzazione.
Questa complessità induce il 51% dei manager intervistati a preferire la sospensione della produzione interna e ad adottare un modello più snello, “asset light”, che porti la produzione quanto più possibile a fornitori esterni. In realtà, questa potrebbe rivelarsi una soluzione solo parziale o temporanea, perché basata ancora una volta sulla riduzione dei costi invece che su un approccio che consideri i rischi e il contesto in modo olistico. In sintesi, afferma il dossier di Roland Berger, i trend innovativi vanno affrontati e inglobati modificando il modello di business.
L’opinione di Oliver Knapp, partner di Roland Berger, è che “Le aziende preferirebbero concentrarsi sulle vendite e sul marketing ed esternalizzare le fasi di produzione vere e proprie. Tuttavia, questo approccio risolverà solo i problemi del "vecchio mondo". L'esternalizzazione della produzione può infatti danneggiare, anziché aiutare, le aziende. Al contrario, una ristrutturazione della produzione che tenga conto di mega-trend come la sostenibilità, la regionalizzazione o la personalizzazione può creare un vantaggio competitivo".
Le imprese asiatiche più disposte ad abbracciare il cambiamento
I mega-trend individuati hanno la doppia faccia della difficoltà attuale che può trasformarsi in un’opportunità per aggiornare il business e creare imprese “di nuova generazione”: si tratta di una sfida a individuare un nuovo percorso per riallineare la produzione a lungo termine e distinguersi dalla concorrenza.
La sostenibilità è senza dubbio la voce principale e, oggi come oggi, la tendenza su cui le imprese stanno lavorando con maggiore attenzione, spinte da impellenze che vanno dagli aspetti normativi fino a quelli di marketing: ma trasformare l’evoluzione imposta dal contesto in leva competitiva determina il vero salto di qualità. Il trend della regionalizzazione risponde alla volontà delle imprese di riportare a distanze più contenute e nei mercati nazionali i siti di produzione; il fine è risolvere le problematiche legate alle vulnerabilità delle catene di approvvigionamento o del rischio politico locale correlato ai populismi: ma l’in-shoring porta con sé altri aspetti vantaggiosi utili a distinguersi, dalla regionalizzazione dei prodotti al valore della reputazione in relazione al rapporto con il territorio. Altra tendenza che può trasformarsi in concreto vantaggio, se debitamente affrontata, è l’introduzione di tecnologie innovative, che possano cambiare i processi di produzione rendendoli più efficienti, ma anche portare cambiamenti nelle scelte produttive e quindi nell’offerta al mercato. Legata alle tecnologie è la tendenza alla digitalizzazione, sempre più protagonista in tutte le aree dell'economia e che arriverà a rimodellare anche la produzione. La personalizzazione, infine, è un altro dei megatrend che le imprese devono fare proprio: i clienti desiderano prodotti più personali se non addirittura unici, un aspetto che induce necessariamente a maggiori variazioni in fase di produzione.
Le imprese intervistate sembrano condividere l’opinione sul vantaggio di appropriarsi delle mega-tendenze per rivedere il proprio modello di business: un approccio più sentito in Asia, con l’86% di risposte positive tra i manager cinesi e l’81% tra quelli del resto del continente, mentre l’orientamento è condiviso dal 71% degli intervistati in Europa e dal 67% negli Usa.