Industria e servizi, ecco il report della Banca d’Italia per il 2021
Pubblicata recentemente, l’Indagine della Banca d’Italia sulle imprese industriali e dei servizi, relativa all’anno 2021, delinea un recupero evidente dell’economia italiana dopo la netta flessione causata dalla pandemia, seppur già dal secondo semestre (2021) la produttività abbia risentito – si legge nel testo – dei “rincari delle materie prime e delle crescenti difficoltà di approvvigionamento degli input produttivi”.
Nel dettaglio l’80% delle imprese risente dell’aumento dei costi energetici (e non), mentre il 60% ha difficoltà nell’approvvigionamento di “input produttivi”. Il 2021 è stato poi oggetto di un aumento dei prezzi di vendita, ma non dei margini di profitto, che per circa un quinto delle imprese si sono ridotti. Fra le strategie attivate in risposta alle contingenze citate, c’è stata anche la dilazione dei tempi di consegna (21%) e “la rimodulazione dei fornitori di input produttivi” (11%).
Riflettori puntati sul conflitto e revisione delle aspettative per il 2022
È chiaro come fra gli intervistati emergano forti timori per il 2022, duramente impattato dal conflitto bellico in Ucraina. Le imprese adesso temono, in prospettiva, una riduzione della domanda (sia diretta che indiretta). Il 50% delle imprese dei servizi è poi convinto che l’accentuarsi del conflitto non volgerà a favore della propria attività; la stima si alza addirittura al 60% per quanto concerne le imprese industriali. Oltre a ciò, gli intervistati riferiscono forti paure di un incremento ulteriore del costo dei beni energetici e per la difficoltà nel reperimento di materie prime. Le prospettive poco rosee si accentuano nelle aziende che operano nelle zone interessate dal conflitto, tuttavia - si legge nel testo – “solo il 3 per cento delle imprese esporta in tali mercati più del 5 per cento del proprio fatturato”.
Quanto alle proiezioni per gli investimenti dell’anno corrente, l’Istituto rileva una contrazione: questi diminuirebbero del 3% rispetto all’anno 2021, seppur con una diversificazione del dato in base ai settori. Le imprese di servizi mirano infatti a un incremento degli investimenti (+8%), così come lo fanno le grandi imprese (+7%). L’industria però frenerà gli investimenti portandosi dal +8% al -1%. Positive invece le stime di crescita dell’occupazione.
Aumento del fatturato
Per il 2021 l’Istituto centrale tuttavia osserva in media un aumento del fatturato delle imprese italiane dell’industria e dei servizi, seppur solo con l’accezione riservata alle piccole imprese che hanno in forza minimo 20 addetti (+4,5%).
In generale sono cresciute le vendite di prodotti e servizi grazie alla “ripresa della domanda interna ed estera”. Non hanno brillato tuttavia le grandi imprese con più di 500 addetti, il cui volume delle vendite è rimasto per lo più invariato a fronte dell’aumento dei prezzi di vendita. Bene il manifatturiero, che si riporta quasi ai valori osservati prima della pandemia. E si riassestano anche il commercio, alberghi e ristorazione, migliorando nettamente gli utili. È andato in positivo pure il settore edilizio, trainato con efficienza dall’edilizia privata e dal “Superbonus”.
In generale la crescita in termini di fatturato è diffusa, ma non per quanto concerne il settore energetico ed estrattivo (-15%). Quanto ai bilanci, nel 2021 la percentuale di imprese che hanno chiuso l’esercizio in negativo, si abbassa di dieci punti sull’anno precedente (14% del totale). In utile hanno invece chiuso il 75 percento delle imprese.
Crescita dei listini nel 2021
I prezzi aumentano. Durante l’anno oggetto della ricerca, l’aumento dei listini è stato attuato da almeno i due terzi delle imprese, mentre nel 2020 solo un terzo aveva modificato in rialzo i propri listini. Gli aumenti si quantificano in minimo un +5% sul valore precedente per un quarto delle imprese, ma in media si arrestano al +2%. Sono valori che non si vedevano dai tempi della crisi finanziaria globale del 2008. Di contro, i listini sono mutati improvvisamente dopo un decennio privo di variazioni interessanti. Da notare come la crescita dei listini abbia interessato, anche se in maniera dissimile, tutte le aziende: quelle colpite dalla difficoltà di approvvigionamento e rincari energetici (+2%) e anche quelle che non lo sono state (+4%, in media +2%).
Produttività e ore lavorate
Cresce dell’8% sull’anno precedente anche il numero di ore lavorate, mentre rimane “stabile” il tasso di occupazione. Ciò succede nonostante lo stop alla politica del blocco dei licenziamenti e al ricorso diffuso della cassa d’integrazione. Al Sud nel 2021 l’occupazione è cresciuta del 2,4% a fronte di un’inflessione negativa del 5,6% nel 2020.
Diminuisce il ricorso al lavoro a distanza rispetto al 2020: nell’industria soltanto il 4% dei dipendenti ha avuto accesso allo smart working, è andata invece molto meglio per chi lavora nei servizi (+12%).
Dai risultati dell’indagine si desume inoltre che le imprese tendono meno a indebitarsi (30%), ma ottengono quasi sempre l’intero importo richiesto. L’accesso al credito è richiesto per lo più al fine di effettuare investimenti. Sono minori le domande per l’aumento del capitale circolante o per le pratiche di autofinanziamento.
Edilizia, aumento della produzione del 15%
Il 2021 vede un dato esemplare nel numero di nuove abitazioni, il valore è incrementato del 31% rispetto al 2020. A ciò si collega il numero di imprese del settore che hanno chiuso in attivo l’esercizio (+78%). Interessante anche il dato sull’occupazione, aumentata del 2,8% nel periodo di riferimento, grazie alle imprese edili con meno di 50 dipendenti e operatività soprattutto nel sud Italia.
Al momento dell’indagine le imprese di settore pronosticavano per l’anno corrente “un’attività sostanzialmente stabile” (-0,7%), seppur con una netta diminuzione per quanto concerne le opere pubbliche (-2,7%). Complessivamente il 2021 ha visto aumentare la produzione nel settore delle costruzioni del 15%.