L’agenda del terzo settore per il Governo di domani
Quasi allo scadere del suo mandato da ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, ha firmato la proposta di decreto del presidente del consiglio che adotta il nuovo Piano nazionale per la non autosufficienza (Pnna), relativo al triennio 2022-2024, stanziando così complessivamente oltre 2,6 miliardi di euro. Il Pnna individua gli interventi da attuare allo scopo di garantire i livelli essenziali delle prestazioni sociali su tutto il territorio nazionale. Le risorse del fondo ammontano a 822 milioni di euro per il 2022, 865,3 milioni per il 2023, 913,6 milioni per il 2024. Ma il Piano nazionale per la non autosufficienza non l’unico strumento a essere stato finanziato. Accanto al Pnna sono state finanziate anche azioni volte alla realizzazione dei progetti previsti dalle Linee di indirizzo per progetti di vita indipendente, per un ammontare pari a 14,6 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2022-2024; e infine sono stati stanziati 20 milioni per il 2022 e 50 milioni per ciascun anno del biennio 2023-2024, da destinare alle assunzioni di personale con professionalità sociale presso gli ambiti territoriali sociali. Gli stanziamenti complessivi vengono suddivisi tre tutte le regioni italiane che, per accedere alla propria quota, adottano a loro volta un Piano regionale per la non autosufficienza, con la programmazione degli interventi e dei servizi necessari per l’attuazione del piano nazionale.
Solidarietà e sussidiarietà alla base dello sviluppo
Quello che è stato accolto con soddisfazione dalle parti sociali non basta certo a coprire i bisogni sempre crescenti di una popolazione, come quella italiana che invecchia inesorabilmente. Lo sanno bene gli operatori del terzo settore che, all’interno della cornice del Forum Terzo Settore, hanno recentemente proposto la loro agenda per il futuro governo, indipendentemente dal suo orientamento politico. Al centro del programma una frase che riassume chiaramente la posizione di queste realtà: “La solidarietà non sia un lusso e la sussidiarietà non sia un’opzione, ma condizioni per lo sviluppo”. Il Forum ricorda ai decisori politici che l’Italia “investe solo lo 0,7% del Pil in servizi sociali territoriali contro una media europea del 2,5% e appena lo 0,28% del reddito nazionale lordo in cooperazione allo sviluppo, contro lo 0,7% definito dagli impegni internazionali”.
Più welfare, un fisco più equo, più attenzione al territorio
Tra le proposte per cambiare le cose, gli operatori del terzo settore (oltre 360mila enti non profit, con 860mila persone occupate e 5,5 milioni di volontari) chiedono di riformare il reddito di cittadinanza, “coniugandolo con politiche e servizi per l’inclusione sociale, l’inserimento lavorativo e la valorizzazione delle competenze”; lavorare a un sistema fiscale equo, basato sul principio della progressività, evitando tagli al welfare; e ancora, istituire un sistema nazionale di presa in carico della non autosufficienza, emanando i decreti attuativi della legge delega sulla disabilità e introducendo la legge che riconosca il ruolo dei care giver familiari. Il Forum vorrebbe costruire un impianto organico di servizi di sostegno alla famiglia e di incoraggiamento alla natalità, che possa favorire quindi la conciliazione dei tempi di vita famigliare e di lavoro, e infine promuovere una “reale integrazione socio-sanitaria”, attraverso le Case della comunità previste nel Pnrr, il Budget di salute e filiere integrate di servizi e di soggetti a livello territoriale. “Alle forze politiche che si candidano alla guida del Paese – conclude il Forum – chiediamo di costruire un nuovo modello socio-economico che abbia come primo obiettivo quello di rispondere alle aspirazioni e ai bisogni di benessere e di partecipazione dei cittadini. Un modello che abbia al centro il welfare e che sia in grado di sviluppare, dalle fragilità e dalle opportunità presenti sui territori, nuova occupazione incentrata su innovazione, cultura, prevenzione ambientale, cura della persona”.