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Clima, agricoltura e salvaguardia del made in Italy

Gli effetti dei cambiamenti climatici si ripercuotono sulle vite di tutti noi, sulle attività lavorative e produttive, generando conseguenze devastanti per intere aree territoriali e per l’economia.
Tra i vari settori colpiti, l’agroalimentare è da tempo impegnato a contrastare fenomeni sempre più frequenti e persistenti come alluvioni, siccità e relativi pesanti danni a cose, persone, coltivazioni e consumi.
Parliamo purtroppo di un fenomeno che non conosce confini, colpisce a livello globale infliggendo duri colpi alla popolazione e alla natura, basti pensare alla devastazione provocata dalle alluvioni in Emilia Romagna: migliaia di aziende agricole finite sott’acqua, perdita dei raccolti, miliardi di euro di danni.
Nel resto d’Europa, per esempio, la siccità in Spagna ha diminuito la produzione di cereali del 40%, quella di olio di oliva è crollata del 50% e per la raccolta delle arance si stima una contrazione del 15%. E ancora: fuori dall’Unione Europea, il dipartimento di Stato Usa per l’Agricoltura ha ridotto le previsioni sul raccolto mondiale di grano a causa della siccità in Australia e Canada.
Per affrontare uno scenario tanto complesso sono indispensabili piani strategici nazionali, norme condivise a livello europeo e internazionale, ingenti investimenti, innovazioni tecnologiche.
Come sottolinea Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, servono risorse finanziarie, serve rafforzare la Pac (la nuova politica agricola comune), rilanciare il programma Agricoltura 4.0, così come è fondamentale arrivare a una revisione normativa che consenta di ristorare i danni e far ripartire l’attività produttiva in tempi brevi. È indispensabile anche ricorrere alla scienza puntando su innovazione e ricerca, a partire dalle Tea (tecniche di evoluzione assistita).
Se la scienza rappresenta uno strumento efficace per limitare l’impatto degli eventi estremi, interrogarsi sul futuro dell’agricoltura significa anche avviare una nuova fase di gestione dei rischi climatici a livello europeo, come ha recentemente annunciato Ursula von der Leyen. Senza dimenticare che alle già gravi problematiche legate al clima si aggiungono i precari equilibri, o meglio dissesti, che condizionano la produzione e la condivisione alimentare a livello mondiale, tra guerra in Ucraina, tensioni geopolitiche diffuse e oscillazioni dei mercati internazionali.
Ecco allora che nel futuro delle aziende del settore agroalimentare non può che esserci un nuovo approccio ai rischi, una più ampia consapevolezza da calibrare su più fonti di rischio, climatico, normativo, di mercato, tra cui anche gli impatti sulla qualità del prodotto, sulla sua sicurezza, sui prezzi al consumo e sul comportamento dei consumatori nelle scelte di acquisto.
Per il nostro paese, proprio la capacità di intervenire su tutti questi fronti potrà tradursi in nuove opportunità di sviluppo del nostro sistema agroindustriale. E, in particolare, nella salvaguardia e difesa dei tanti primati che in tutto il mondo vengono riconosciuti al made in Italy.