I superbatteri minacciano gli ospedali
Il ricovero in ospedale espone i pazienti al rischio di infezioni mortali. Non è il caso di creare allarmismo, ma lo scorretto uso di antibiotici sta favorendo la nascita di pericolosi batteri resistenti all’uso dei farmaci. Tra i contesti più a rischio ci sono proprio i luoghi di cura, dove più alta è la concentrazione di uso di antibiotici e nei quali i pazienti sono più suscettibili di infezioni resistenti. Non a caso, le infezioni più pericolose si diffondono in primo luogo nelle Unità di terapia intensiva.
Gli esperti del Gruppo italiano per la stewardship antimicrobica (Gisa) in un incontro a Roma hanno presentato la situazione degli ospedali italiani che è tra le peggiori d’Europa, con infezioni che colpiscono 300 mila pazienti, causando tra i 4.500 e i 7 mila decessi. Per fare un confronto secondo l’Istat le vittime sulle strade italiane nel 2015 sono state 3.428. Le infezioni ospedaliere sono dovute soprattutto a infezioni urinarie, della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi. Per arginare il rischio dei superbatteri, la Società italiana di terapia antinfettiva (Sita) ha messo a punto le prime Linee Guida pubblicate come expert opinion su Clinical microbiology and infection. Il primo punto è controllare i fattori di rischio: isolamento dei pazienti infetti, igienizzazione di mani, attrezzature e ambienti sanitari. Inoltre per il (Gisa) occorre ottimizzare le terapie antibiotiche sotto il profilo del dosaggio, della durata e del metodo di somministrazione. In caso di presenza di infezione di un superbug, la resistenza agli antibiotici in commercio può essere sconfitta solo con cocktail di antibiotici diversi già in uso, nella speranza che almeno uno funzioni o che si potenzino uno con l’altro.
Un problema anche extra-ospedaliero