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2018, il punto di vista delle imprese

Vision e progetti a lungo termine, con un nuovo piano energetico e nuovi investimenti per ridurre il deficit infrastrutturale. Sono queste le decisioni strategiche su cui si deve concentrare il nostro Paese per agganciare un nuovo percorso di crescita, indipendentemente dal contesto politico contingente. Ecco il punto di vista delle aziende presenti al convegno "Il Mondo nel 2018: opportunità e rischi per le imprese italiane"

Tra i principali problemi di casa nostra: scarsità di rotte aeree a lungo raggio, il costo dell’energia (in Europa il gas costa oltre due volte più che in America), investimenti nelle infrastrutture fermi al 2% del Pil. L’export, da solo, non può supportare l’economia del Paese e la politica non deve puntare sul deficit. È quanto emerso durante il convegno promosso da Ispi e Intesa Sanpaolo, Assolombarda e Sace Simest "Il Mondo nel 2018: opportunità e rischi per le imprese italiane".
La conferenza organizzata per offrire alle aziende indicazioni sui principali scenari globali e sulle nuove frontiere del business da prendere in considerazione, sia per l’export che per gli investimenti produttivi, ha visto l’intervento di Marco Alverà, amministratore delegato Snam, Claudio Marenzi, presidente Confindustria Moda e Sistema Moda Italia, Pietro Modiano, presidente, Sea e Pietro Salini, amministratore delegato, Salini Impregilo.

Il bisogno di un maggior numero di gasdotti e rigassificatori
"L'Europa – sottolinea Alverà - paga il gas più del doppio degli Stati Uniti, per questo le nostre aziende non riescono a competere. E' stata l'energia a basso costo a condurre alla ripresa l'economia americana. La sfida dei prossimi anni sarà quella di "costruire infrastrutture per far scorrere più gas in Europa". Le opportunità per le imprese potrebbero arrivare quindi con un numero maggiore di gasdotti e rigassificatori.
Le aziende che operano col gas oggi, però, hanno un problema in più rispetto al passato, determinato da "informazioni sbagliate che circolano in rete". Fake news, insomma, che devono essere combattute dalle aziende “stando più vicine al territorio, conquistandolo con una nuova narrativa. Noi stiamo imparando questo", spiega Alverà.

Moda, serve personale specializzato
“Il settore della moda è anaelastico”, spiega Marenzi, presidente Confindustria Moda e Sistema Moda Italia. Il lusso fortunatamente non ha avuto impatti negativi dovuti alle spinte protezionistiche che arrivano da Usa e Cina: “La leggera flessione dell’export verso gli Usa arriva da una crescita a due cifre del biennio 2013/2014 e la Cina, anche se ha parametri stringenti, deve fare i conti col fatto che i cinesi vogliono compare il lusso italiano”.
Secondo Marenzi, le opportunità all’orizzonte ci sono e non spaventano un comparto che oggi conta 90 miliardi di fatturato e 600 mila unità impiegate. La Cina resta un mercato interessante per i grandi marchi. Per tutte le altre realtà serve più prudenza, con un focus principalmente sui mercati maturi per poi passare a quelli emergenti, per evitare di farsi male. “Siamo ad una “fase due” della globalizzazione: la prima l’abbiamo superata, la seconda la stiamo cavalcando” commenta Marenzi.
Le sfide della moda sono legate alla formazione e alle competenze tecniche che stanno uscendo dal settore. Si calcola che siano 43.000 le unità di personale specializzato in uscita per raggiunti limiti di età che dovranno essere rimpiazzate, ma al momento la disponibilità è al massimo di 10.000. Questo è uno dei rischi: non riuscire a trovare il personale necessario in breve tempo.
“Un altro rischio – avverte Marenzi - è rappresentato dagli investitori asiatici che entrano nel nostro mercato acquisendo piccole e medie aziende, perché si aspettano ritorni sul breve e non capiscono che questo non può succedere. I brand della moda infatti hanno bisogno di tempo per affermarsi e per cominciare a macinare utili”.

Malpensa, crescita record per il 2017
“Il 2018 non potrà ripetere gli stessi risultato del 2017, che è stato un anno straordinario. Far crescere un aeroporto grande come Malpensa del 15 per cento, di due milioni e mezzo di passeggeri, si può fare un anno, ma difficilmente si potrà farlo l’anno successivo" spiega Pietro Modiano, presidente di Sea.
"Quest’anno ci aspettiamo un tasso di crescita inferiore, ma la svolta c’è ed è importante - ha aggiunto - e vale soprattutto per i passeggeri. Il cargo cresce da parecchio tempo, la sua crescita a due cifre risale al 2014 e anche in questo caso è frutto del fatto che si era investito generosamente e in modo lungimirante in una infrastruttura che adesso comincia a dare frutti importanti".
La speranza di Sea è che la compagnia di bandiera Alitalia torni a contare poiché, senza, è difficile stabilire rotte a lungo raggio. Alitalia oggi ha 23 aerei a lungo raggio, mentre Lufthansa ne ha 100, e Air France e British collegano molto di più.
La concorrenza in questo momento resta comunque l’Alta Velocità: nel segmento Milano-Roma, Malpensa ha perso 2 milioni di passeggeri. Nonostante questo, per Modiano “l’Alta Velocità è un fatto da trasformare in opportunità”.

Infrastrutture, investimenti e capacità competitiva
I Paesi che investono in infrastrutture capitalizzano sui benefici di medio- lungo periodo che ne derivano, sia in fase di costruzione, ad esempio con aumento dell’occupazione, che in fase di operatività, grazie al meccanismo virtuoso che le infrastrutture attivano. Gli impatti sono infatti possibili non solo in termini di miglioramento della qualità della vita, ma anche in termini di cost saving nel lungo periodo, grazie all’aumento di produttività delle aziende e degli individui.
Il sistema Italia esprime una serie di eccellenze che hanno reso virtuoso il loro processo di internazionalizzazione, esportando competenze e know how, e confermando la loro competitività sul mercato internazionale. È cresciuta la domanda di infrastrutture nel mondo (acqua, energia e trasporti), ma sono necessarie nuove politiche economiche e fiscali per far restare in questo Paese un po’ del valore che oggi esporta in tutto il mondo.
La speranza? “È fondamentale una classe politica che guardi al futuro – evidenzia Salini, presidente di Salini Impregilo - con un nuovo progetto strategico infrastrutturale come lo è stato l’Alta Velocità negli anni ’90 o l’Autostrada del Sole. Servono cioè progetti che portino gli investimenti infrastrutturali ad un valore superiore al 2% del Pil nazionale, e che portino di nuovo le imprese italiane a competere come una squadra alle stesse condizioni in cui competono le aziende degli altri Paesi.