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Coronavirus, il contributo delle nuove tecnologie

Software di intelligenza artificiale, soluzioni di cloud computing e super computer: ecco che cosa sta mettendo in campo il mondo dell'innovazione per diagnosticare, curare e prevenire il contagio di Covid-19

A fine marzo, nel pieno dell'emergenza coronavirus, è stato presentato il progetto Innova per l'Italia. Promosso grazie a un'iniziativa congiunta del ministero per l'Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, del ministero dello Sviluppo economico e del ministero dell'Università e della ricerca, il progetto nasce come una sorta di call to action per valorizzare il contributo delle nuove tecnologie nel contrasto alla pandemia di Covid-19. “L'innovazione tecnologica può essere la leva per rispondere velocemente a una situazione di crisi che impatta il nostro Paese in maniera drammatica”, si legge nella presentazione dell'iniziativa. Il progetto, nello specifico, invita imprese, università, centri di ricerca ed enti di vario tipo a proporre soluzioni che possano favorire il reperimento di dispositivi di protezione individuale, l'elaborazione di tecnologie innovative per la diagnosi e la messa a punto di strumenti che, nel rispetto della normativa vigente, possano facilitare il monitoraggio e la prevenzione del coronavirus.
Alcuni giorni dopo l'agenzia spaziale europea (Esa), sempre in collaborazione con il ministero per l'Innovazione tecnologica, ha lanciato un avviso di finanziamento per invitare le aziende “a sottoporre idee per lo sviluppo e la sperimentazione di servizi in risposta all'emergenza che l'Europa sta affrontando a causa del coronavirus”. Considerato l'ambito di riferimento dell'agenzia, in questo caso si fa soprattutto riferimento a tecnologie come comunicazioni satellitari, osservazione della Terra e navigazione satellitare.

TECNOLOGIE PER LA DIAGNOSI
Basterebbero questi due esempi per comprendere quanta speranza venga riposta nelle nuove tecnologie per il contrasto della pandemia di coronavirus. L'Italia, come visto, non fa certo eccezione. Ma anzi si inserisce in uno sforzo globale per rendere l'innovazione tecnologica uno strumento utile nella lotta al Covid-19. A cominciare dalla Cina, primo focolaio del virus che si è poi diffuso in tutto il mondo.
All'inizio gli sforzi si sono concentrati principalmente sulla diagnosi. Nei primi giorni di marzo la Damo Academy, spin off del colosso cinese Alibaba, ha affermato di aver sviluppato uno strumento diagnostico che sfrutta l'intelligenza artificiale per analizzare i dati di tomografie computerizzate al polmone: a detta del centro di ricerca, il dispositivo avrebbe un'accuratezza del 96% e fornirebbe risultati in appena venti secondi. Baidu, il principale motore di ricerca cinese, ha invece reso disponibile per attività di ricerca il suo algoritmo LinearFold. Presentato nel 2019 insieme alla Oregon State University e alla University of Rochester, l'algoritmo si è rivelato estremamente veloce nel predire la struttura secondaria di una sequenza di acido ribonucleico di un virus: il processo si è dimostrato 120 volte più veloce del normale, portando il tempo di analisi da 55 minuti a 27 secondi. C'è poi il caso di InferVision, start up tutta cinese che utilizza l'intelligenza artificiale per analizzare gli esami basati su imaging, come tac ed eco. A fine febbraio il dispositivo era presente in 34 ospedali della Cina e aveva contribuito a trattare 32mila casi di coronavirus.

LA RICERCA DEL VACCINO
Dopo la diagnosi arriva il momento della cura. E anche in questo caso le speranze riposte nelle nuove tecnologie sono altissime. Soprattutto dopo che, come reso noto alla fine di febbraio, un algoritmo di machine learning messo a punto da un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (Mit) ha scoperto quello che è stato definito un super antibiotico in grado di neutralizzare alcuni ceppi di batteri che causano alcune delle malattie più gravi al mondo. La speranza di tutti è che il successo dell'intelligenza artificiale nel campo degli antibiotici possa essere replicato anche nell'ambito dei vaccini.
A tal proposito Jack Ma, magnate al vertice della già citata Alibaba, ha stanziato attraverso la sua fondazione un fondo da 2,15 milioni di dollari per contribuire allo sviluppo di un vaccino. Tencent e Huawei hanno invece messo a disposizione i loro super computer e la loro capacità di cloud computing per favorire lo sviluppo di una cura. Nello stesso ambito si stanno poi muovendo società come Insilico Medicine e BenevolentAI, realtà che sfruttano le capacità di calcolo e analisi dell'intelligenza artificiale per vagliare strutture molecolari e componenti chimici. È con questa tecnologia che BenevolentAI avrebbe identificato nel baricitinib, molecola utilizzata nella cura dell'artrite reumatoide, un possibile rimedio contro il coronavirus. Prima di passare al trattamento su pazienti affetti da Covid-19 saranno tuttavia necessari ulteriori test e analisi.

MONITORAGGIO E PREVENZIONE
L'ultimo fronte di potenziale utilizzo delle nuove tecnologie è quello del cosiddetto contact tracing. Si tratta di una pratica che punta ricostruire la mappa del contagio, rilevando tutti i contatti di un soggetto contagiato per isolare le persone a rischio e arrestare così la diffusione del virus. La grande capacità di elaborazione di un software di intelligenza artificiale, unita alla larga disponibilità di dispositivi facilmente tracciabili (come un normale cellulare), potrebbe consentire di effettuare più rapidamente attività di monitoraggio e prevenzione.
Se ne è parlato molto nelle ultime settimane. Un po' perché soluzioni di questo tipo risultano già disponibili, e un po' perché la pratica, per quanto utile al fine di tutelare la salute pubblica, ha inevitabili ricadute sulla salvaguardia di diritti fondamentali come la privacy. Il governo cinese ha per esempio sviluppato un sistema di monitoraggio chiamato Health Code, che sfrutta i big data per valutare il rischio di un singolo individuo sulla base di dati come i viaggi che ha compiuto o il tempo di permanenza in focolai di contagio. Intorno alla metà di marzo è invece uscita la notizia di Private Kit: Safe Paths, un app gratuita e open source in grado di monitorare gli spostamenti degli utenti e di memorizzare eventuali contatti, anche brevi e fortuiti, che possano essere avvenuti fra di loro. Nelle intenzioni degli sviluppatori, gli utenti avranno la possibilità di dichiarare liberamente se sono affetti da coronavirus: così facendo, chi utilizza l'app potrà verificare se ha incrociato sulla propria strada un utente contagiato. Le preoccupazioni per la tutela della privacy sono immediatamente evidenti. La società, a tal proposito, ha tenuto a precisare che i dati raccolti saranno condivisi solo fra gli utenti, e non con altri enti o istituzioni. Inoltre, gli utilizzatori della app potranno sapere soltanto se sono entrati con una persona contagiata, non il nome o le generalità di quest'ultima.