Alla scuola della storia
Il tempo sta prendendo un ritmo contorto, ripiegato su se stesso, certamente diverso. Lo so, e i miei studenti me lo ribadiscono. Sto male anch'io, di mio, come ciascuno, perché la nostra vita prenderà una diversa piega, anche se ancora non è chiaro in quale direzione, visto che dipenderà anche proprio da noi. Come insegnante di università, però, mi sento pure come se i miei studenti fossero pulcini affamati nel nido col becco spalancato aspettando l’atteso cibo. E non posso sottrarmi al compito che mi spetta. So bene che sono cittadini in formazione e che hanno anche altre risorse, sia psicologiche sia persino formative, poiché l’educazione formale da tempo non è più l’unico canale attraverso il quale si sviluppa la propria cittadinanza. Ma non possiamo non ritenere ancora l’educazione, e anzi oggi più che mai, il luogo principale nel quale si pongono le basi del futuro della nostra specie. Se questo, dunque, richiama noi formatori a una rinnovata responsabilità, invita anche tutti, studenti e loro famiglie, a riconsiderare il rapporto con lo studio.
Siamo a uno di quei momenti topici della Storia di cui i nipoti dei nostri figli chiederanno loro di raccontargli la cronaca e gli chiederanno anche conto di come sarà andata a finire. Fin quando ci si è dentro, tutti impariamo oggi sulla nostra pelle, si vive sospesi sullo scorrere del tempo, come se, staccata la frizione, la vita scorresse in folle, come se non ci fosse domani. Ma poi il futuro arriva e, oltre a sopravvivere, dobbiamo rimanere vivi, restare umani per allora. E per farlo dobbiamo cercare di capire: c'è tutto da (ri)studiare.
Interpretare il cambiamento in corso
Stiamo, dunque, lucidi, attenti, informati e riflettiamo. Comunichiamo, scambiamo e siamo disposti a cambiare tutto e tutti, a cominciare da noi stessi. Prendiamoci in questi giorni almeno il lusso di interpretare il cambiamento della Storia. L'interpretazione, d'altronde, è sempre impegno e ha natura intimamente pubblica; quindi non è attività meramente speculativa. Come studiare. Studiare vuol dire, infatti, adoprarsi, cioè usare il proprio tempo e gli strumenti a disposizione per assecondare lo sviluppo della propria quota di umanità. Indubbiamente stiamo studiando anche se chiudiamo i libri. Ma non è certo questo un invito a chiuderli; anzi, i libri (gli ebook, le videolezioni, le videoconferenze ecc.), sono strumenti fatti per essere adoprati, prima e dopo la lettura, per assecondare se stessi. Se nel mentre si legge si scambia, e si cambia. Ognuno legge dunque il proprio libro. Ecco perché i libri sono molti di più di quanti li scrivono: sono quanti sono tutti i loro futuri lettori. Se li leggiamo, se li studiamo, non studiamo solo per noi, ma per aggiungere un piccolo grande 1 a quell’intelletto collettivo che ci accompagna, che delle nostre letture vive e che solo di lì muove il corso della civiltà.
Ecco che, insomma, studenti, famiglie e insegnanti siamo chiamati a usare tutti gli strumenti per studiare il presente, la cronaca più stringente come anche il passato più remoto, la serratura come anche la chiave che la apre e spalanca il futuro dell’umanità, che è tutto ancora da (ri)scrivere.
Siamo strumenti per studiare il presente
Che gli studenti, dunque, usino libri e anche gli insegnanti; noi insegnanti siamo i loro strumenti: serviamo se lasciamo un segno. Come strumenti sono anche loro per noi, quando entriamo in aula (o in un software di videoregistrazione): lasciano il segno dentro di noi più di quanto essi stessi non immaginino. Che anche tutte le famiglie si lascino usare dai propri figli affinché questi diventino futuri adulti più responsabili e li usino, di converso, per tornare a studiare, ad adoprarsi per il futuro comune che ci unisce attraverso le generazioni. Per questo uso universale reciproco vale il monito di fare degli esseri umani, sempre e assolutamente, "un uso umano": per restare umani. Lasciamo, dunque, in questi attimi interminabili, che ciascuno lasci il suo segno nella nostra vita e interpretiamolo liberando il nostro pensiero da tutti gli altri pensieri. La società del noi esiste perché l'io di ciascuno sia Genere Umano: negare la società è negare l'Umanità; e di qui bisognerà ripensare non solo la vita individuale, ma anche l’economia e il significato da dare alla parola Cultura.
Ma ora andiamo tutti a studiare alla scuola della Storia: ascoltiamo tutte le domande che incontriamo, e non anticipiamone le risposte. Sono le domande quelle che insegnano, che restano; le risposte, tutte, prima o poi, passano. Adopriamoci, insomma, qui, ora: stiamo facendo lezione alle future generazioni. Mettiamoci la nostra parte di mondo sulle spalle e facciamo che questa pausa sia un otium prolifico: cominciamo a pensare qualche nuova risposta. Prepariamoci al futuro e cerchiamo di fare bella figura.