Fondi pensione: bene nel 2019, ma il coronavirus spaventa
Il 2019 è stato un anno positivo per il mercato della previdenza complementare. Secondo la relazione annuale della Covip, il settore ha beneficiato pienamente del buon momento dei mercati finanziati e archiviato l'annata con rendimenti in territori positivo: al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno guadagnato mediamente il 7,2%, i fondi aperti l'8,3% e i Pip di ramo III la bellezza del 12,2%. È andata bene anche alle gestioni separate di ramo I, strumenti i cui rendimenti dipendono prevalentemente dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti: il segmento ha chiuso l'anno con un guadagno dell'1,6%, comunque superiore a una rivalutazione del Tfr ferma all'1,5%.
Alla fine dell'anno il mercato contava circa 8,3 milioni di iscritti, in crescita del 4% su base annua, e 9,1 milioni di posizioni in essere. Il patrimonio, cresciuto del 10,7%, si attestava a 185 miliardi di euro, arrivando a coprire l'equivalente del 10,4% del Pil e del 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Infine, l'allocazione degli investimenti registrava una prevalenza di obbligazioni governative e altri titoli di debito, capaci di coprire il 58% degli impieghi: di questi, il 20,6% era destinato a titoli di debito pubblico italiano. Minoritaria resta invece la quota di investimenti in titoli di imprese domestiche, anche a causa di quella che viene definita “la peculiare struttura del tessuto industriale italiano” e il “livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato azionario nazionale”. Più in generale, alla fine del 2019, gli investimenti del mercato nell'economia italiana ammontavano a 40,3 miliardi di euro, pari al 26,8% del patrimonio.
Poi è arrivata la pandemia di Covid-19. La relazione, dopo essersi soffermata sulle attività dell'autorità di vigilanza in materia di Iorp II e Pepp, ha voluto dare qualche prima indicazione sull'impatto che l'emergenza coronavirus potrà avere sul mercato della previdenza complementare. E il risultato non è dei più incoraggianti. Nello specifico, gli operatori del settore sembrano aver risentito particolarmente della volatilità dei mercati finanziari. Nei primi tre mesi del 2020, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%, i fondi aperti il 7,5% e i Pip di ramo III il 12,1%. A conti fatti, illustra la relazione, le turbolenze dei mercati finanziari “hanno in buona parte eroso i guadagni fatti registrare nel 2019”. Reggono soltanto le gestioni separate di ramo I che, proprio per la loro peculiare natura di investimento, sono riuscite a mantenersi in territorio positivo (+0,4%).
La relazione evidenzia tuttavia un certa resilienza del mercato che, nonostante le difficoltà, è stato in grado di contenere le perdite e di mostrare “una buona tenuta rispetto all'andamento dei principali mercati, a conferma della validità dell’approccio gestionale seguito, che, in situazioni di mercato avverse, è in grado di mitigare l’impatto della volatilità”. La relazione ricorda infine che le performance dei fondi pensione, considerata la natura dello strumento finanziario, vanno valutate in un orizzonte temporale più ampio e che pertanto anche “l’impatto della crisi appare tuttavia più limitato”. Nel dettaglio, la relazione sottolinea che negli ultimi dieci anni i rendimenti medi annui composti sono stati positivi: +3% per i fondi negoziali e aperti, +2,4% per i Pip di ramo III e +2,5% per quelli di ramo I. Nello stesso periodo la rivalutazione del Tfr si è fermata al 2%.