Invecchiare è bello: ecco la silver economy
“È successo, e continua in modo quasi esponenziale, che siamo diventati improvvisamente longevi. Tocca praticamente a tutti vivere 20-30 anni in più, fatto inaudito, mai capitato nella storia del genere umano. E noi italiani siamo capofila in questi anni supplementari, in buona parte fruibili dopo il pensionamento in condizioni di vita attiva e con una parte finale, eventualmente, di vita disabile. Bisogna pensare a come gestire quota attiva e disabile, come individuo e come popolo. Per utilizzare questi anni supplementari al meglio, per non esserne travolti, per magari farne una vera e propria risorsa”.
Queste parole del professor Bernabei, tra i massimi esperti italiani del settore, ben riassumono dinamiche ed effetti della conquistata longevità della nostra popolazione. Una conquista perché, al di là di certi toni apocalittici sull’inverno demografico, vantare una delle aspettative di vita più elevate al mondo è un’ottima notizia.
Un’occasione per l’economia
Certo, l’Italia è ancora impreparata a gestire il trend, come dimostrano l’assenza di adeguati programmi di prevenzione o presa in carico, la difficoltà di dare regole certe al sistema pensionistico e, ancora, la mancata riorganizzazione di modelli produttivi e di lavoro. Eppure, parlare dell’invecchiamento solo come problematico centro di costo è un errore: siamo dinanzi a un’occasione, anche per l’economia.
Le stime del nostro Centro Studi e Ricerche quantificano in 583 miliardi di euro l’impatto sul Pil generato da beni e servizi rivolti agli over 50, la cosiddetta silver economy, secondo la definizione della Commissione Europea, ovvero poco meno di un terzo del Pil del 2021. Siamo a 350, cifra comunque significativa, limitandosi ai soli ultra 65enni. Del resto, quella di riferimento è una platea sempre più numerosa e detentrice di una fetta consistente di ricchezza. Una patrimonializzazione, mobiliare e immobiliare, importante cui si associano flussi di reddito certi e poco sensibili ai cicli economici, tanto che lo spendibile netto annuo dei silver italiani ammonta a circa 288,7 miliardi di euro di potenziali consumi, orientati soprattutto verso specifici settori, come sanità, alimentazione, casa o tecnologia.
Parlare dell’invecchiamento solo come problematico centro di costo è un errore
Fuggire dal “capitalismo deviato”
Insomma, che lo si voglia o meno, stiamo percorrendo la strada della transizione demografica. E ora spetta a settore pubblico e privato (finanza e assicurazioni, in primis) affrontare, in sinergia, le possibili criticità, superando preconcetti e stereotipi per trarre positività da questa fase storica.
Una risorsa anche sotto il profilo etico: un inevitabile mutamento, e rallentamento, degli stili di vita che diventa l’occasione per allontanarsi da un certo capitalismo deviato, premiando consumi mirati e scelte di qualità, e recuperando il valore del tempo e della crescita personale.
Per riuscirci è fondamentale intercettare le esigenze specifiche di questa fascia anagrafica, trasformandole in un’offerta su misura che ne favorisca invecchiamento attivo e massima partecipazione sociale. Perché quelli che ai tempi della riforma Brodolini del 1969 erano legittimamente ritenuti vecchi, oggi sono giovani anziani che non vogliono essere messi in panchina (ad esempio da leggi discutibili, come quella Madia sulla Pubblica Amministrazione) ma, al contrario, desiderosi di essere ancora utili alla collettività.