Il welfare dei professionisti sta cambiando
Durante l’emergenza Covid-19 molti soggetti, istituzionali e non, si sono contraddistinti per interventi di protezione e assistenza. Tra questi ci sono gli enti previdenziali privati di cui di solito si parla poco e soprattutto lo si fa quando uno di questi è in difficoltà, e quindi fa notizia perché ci si aspetta sempre il colpevole di qualche malversazione o malaffare. Invece, questi enti sono essenziali per la tenuta del Paese e garantiscono, oltre che le pensioni a tantissimi professionisti, anche servizi di welfare. Guardando al Primo Rapporto Adepp (Associazione degli enti di previdenza privati) sul welfare ci si accorge quanto le politiche di assistenza, ma anche di rilancio proattivo, siano state importanti durante la fase più dura della pandemia e quanto potranno esserlo anche in futuro.
Un confronto di sistema per misure proattive
Le casse di previdenza hanno dovuto far fronte alla crisi che da anni sta colpendo i liberi professionisti e che la pandemia di Covid-19 ha aggravato: ben il 38% dei professionisti italiani ha chiesto bonus negli ultimi mesi. Adepp sta lavorando a un welfare integrato che possa superare le differenze delle singole casse, senza per questo cancellarle, così da unire gli sforzi verso direzioni comuni. Il primo rapporto sul welfare nasce proprio dalla necessità di un confronto di sistema nonché dalla trasformazione del welfare da assistenziale a proattivo per il sostegno ai redditi e al lavoro. Adepp spiega che il Covid-19 ha comportato un’accelerazione dirompente di evoluzioni già in atto: mentre garantire l’assistenza nelle situazioni di bisogno degli iscritti resta un punto fermo, si sta imponendo finalmente un altro tipo di assistenza focalizzata sulla capacità lavorativa del professionista, che va dal sostegno economico dopo un momento critico, fino all’assistenza strategica mirata alla pianificazione della carriera. Studio, formazione, acquisizione di competenze specialistiche, ma anche in momenti di passaggio, come un cambio d’attività.
Covid-19, dalle indennità alle polizze gratuite
La spesa complessiva per le prestazioni di welfare erogate dalle casse nel 2019 ammontava a 509 milioni di euro. Al fine di garantire ai propri iscritti effettive forme di tutela e sostegno, le casse, dopo aver provveduto all’assistenza obbligatoria, attingono le risorse da destinare alle misure di welfare dalla contribuzione integrativa, dal contributo soggettivo supplementare, dalle sanzioni e gli interessi per l’inosservanza degli obblighi contributivi e degli obblighi in materia di comunicazioni, nonché dagli ulteriori e aggiuntivi risparmi di gestione. Dall’inizio della pandemia, secondo il rapporto, sono state attivate misure di welfare ad hoc “non solo anticipando e gestendo l’indennità statale pari a 600 euro mensili, per il mese di marzo e aprile, e 1.000 euro per il mese di maggio, ma concedendo ulteriori bonus cumulabili con l’indennizzo pubblico, finanziamenti a tasso zero, contributi per i canoni di locazione dello studio professionale e per l’acquisto di beni strumentali, agevolazioni per il credito anche mediante la stipula di nuove convenzioni con banche e assicurazioni”, si legge nel rapporto. Sono state inoltre erogate indennità a seguito di ricovero e per quarantena, sia obbligatoria sia fiduciaria, rimborsi post-ricovero, contributi per la diagnostica (tamponi, test sierologici, ecc.), consulenza telefonica, video-consulto medico specialistico, e anche polizze sanitarie gratuite per indennizzi in caso di sviluppo della malattia causata dal nuovo coronavirus.
Servono (anche) nuove regole
Dopo il “welfare della crisi”, scrive Adepp, è il “welfare del sostegno alla ripresa” che deve essere valorizzato. Tuttavia sarebbero necessarie, sottolinea Adepp “una fiscalità uniforme a livello europeo, oltre che una fiscalità di scopo che possa dare gambe alla ripresa dei vari mercati professionali, una razionalizzazione dei controlli, perché vigilare non significa limitare la capacità di agire bensì controllare che il percorso stia seguendo la traiettoria della finalità pubblica, di non restare vincolati alle riserve cinquantennali che sono anacronistiche e restringono il campo d’azione invece che allargarlo”.