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Coronavirus, una lezione da non dimenticare

La risposta alla pandemia, dopo anni di tagli, ha comportato un forte aumento della spesa sanitaria: stando ai risultati dell'ultimo rapporto Oasi di Cergas, in un solo anno la spesa corrente è cresciuta di circa cinque miliardi di euro. Ora, stando ai curatori del rapporto, è necessario proseguire lungo questa strada per rinnovare e migliorare il servizio sanitario nazionale

Il 21 febbraio 2020 sarà probabilmente ricordato come una giornata decisiva per la storia del servizio sanitario nazionale. O almeno così sperano i curatori del rapporto Oasi 2020, l'osservatorio annuale curato da Cergas – Sda Bocconi per monitorare lo stato di salute del sistema sanitario italiano. Dieci anni di tagli al personale e alle risorse finanziarie sono stati infatti improvvisamente interrotti dalla notizia del cosiddetto paziente uno di Codogno, primo caso accertato in Italia di contagio da coronavirus. Da allora, in questi mesi di pandemia, la spesa sanitaria corrente è aumentata di quasi cinque miliardi di euro (+4,7%). E fra marzo e ottobre si sono registrate 36mila assunzioni, recuperando due terzi del personale sanitario perso negli ultimi dieci anni.
Il cambio di passo è stato evidente. L'emergenza ha richiesto l'attivazione di nuovi e veloci processi decisionali, molte strutture hanno istituito comitati di crisi e il sistema si è prontamente adattato alle necessità del momento. In Lombardia, una delle regioni più colpite dalla pandemia, il 42% dei posti letto acuti è stato per esempio destinato a pazienti affetti da Covid-19. Ora i curatori del rapporto sperano che questa lezione non venga dimenticata. Già, perché anche questa pandemia, come del resto tutte quelle del passato, è destinata prima o poi a scomparire. A non scomparire saranno invece tutte le inefficienze e tutte le criticità che l'emergenza coronavirus ha solamente messo in mostra. E che, senza interventi efficaci di correzione, non consentiranno di gestire ordinatamente le emergenze del prossimo futuro. A cominciare da quelle dettate da un andamento demografico particolarmente sfavorevole, caratterizzato da un invecchiamento generalizzato della popolazione che richiederà nuove misure di protezione e assistenza per soddisfare i bisogni tipici della terza età. L'osservatorio, a tal proposito, rileva che la speranza di vita in Italia è aumentata di 3,5 anni, raggiungendo quota 83,4 anni e ampliando il solco che ci separa da altri paesi industrializzati: in Germania l'aspettativa di vita è ferma a 81 anni, negli Stati Uniti a 78,7 anni. L'ammontare della spesa sanitaria in Italia non ha invece seguito lo stesso andamento, con il risultato che oggi, a parità di potere d'acquisto, il budget pro capite per le cure mediche resta molto al di sotto dei valori registrati in altri paesi: 3.485 dollari nel 2018, contro 10.637 dollari negli Stati Uniti, 6.224 dollari in Germania e 5.154 dollari in Francia.

Strategie e investimenti per la sanità
In questo contesto, i curatori dell'osservatorio fissano un nuovo obiettivo: una ristrutturazione complessiva del servizio sanitario nazionale in cinque anni per porre l'intero sistema nelle condizioni di affrontare la sfida dell'invecchiamento e, in particolare, della cronicità. Per farlo serviranno nuove strategie e scelte coraggiose. Il rapporto individua alcune linee che potrebbero essere seguite: maggiore valorizzazione del contributo dei professionisti; ribilanciamento dello skill mix, con trasferimento di alcune mansioni dal personale medico a quello infermieristico; investimenti in digital health; diversificazione delle logiche di approvvigionamento; e rinnovamento infrastrutturale mirato della rete di offerta.
Più in generale, sarà necessario che la crescita della spesa non diventi un episodio isolato. Cosa non scontata, visto che l'aumento delle risorse a disposizione è avvenuto in deficit e l'aumento del debito pubblico potrà in futuro spingere verso nuovi tagli di spesa. Grandi speranze sono riposte nel Next Generation Eu, il fondo per la ripresa dall'emergenza coronavirus. E soprattutto su scelte coraggiose di politica economica: i curatori del rapporto, a tal proposito, sottolineano l'importanza di definire una soglia minima, ad esempio il 7,5% del Pil, sotto cui il finanziamento del sistema sanitario nazionale non deve mai scendere.