Computer quantistico, avanti con calma
Nel settembre del 2019 aveva fatto molto rumore (almeno nella stampa di settore) la notizia che un processore quantistico di Google era riuscito a portare a termine in poco più di tre minuti un’operazione di campionamento che il supercomputer Summit della Ibm, all’epoca considerato il computer più potente al mondo, avrebbe completato in non meno di 10mila anni. Per molti esperti il test segnava l’inizio della cosiddetta supremazia quantistica, ossia di un’era in cui la computazione quantistica avrebbe superato di gran lunga la capacità di calcolo dei tradizionali processori.
La notizia, com’è comprensibile, ha generato grandi aspettative. E tanti operatori di mercato hanno raggiunto negli anni risultati ragguardevoli. Nel dicembre del 2020, per esempio, un gruppo di ricerca cinese ha utilizzato fotoni e fisica quantistica per risolvere un problema che i computer tradizionali non sarebbero mai stati in grado di sciogliere, se non in 2,5 miliardi di anni. Più recentemente, lo scorso novembre, la Ibm ha annunciato di aver superato per la prima volta la soglia dei 100 qubits, ossia i bit quantistici, nella costruzione del microprocessore quantistico Eagle: il dispositivo conta oggi 127 qubits e arriverà presto a quota 433, quando sarà sostituito da Condor, un altro microprocessore che, nelle intenzioni della società, sfonderà il muro dei 1.000 qubits.
Bastano queste poche righe per comprendere l’attesa generata dai computer quantistici. Eppure, nonostante le aspettative, ci vorrà ancora del tempo prima che dispositivi di ultima generazione possano venire utilizzati per scopi concreti. A dirlo è non è uno qualsiasi, ma Sankar Das Sarma, direttore del Condensed Matter Theory Center dell’Università del Maryland, nonché uno dei massimi esperti al mondo di computazione quantistica. “Mi disturba tutto questo hype attorno alla computazione quantistica, soprattutto quando si parla dei suoi possibili usi commerciali”, ha affermato sulle colonne dell’Mit Technology Review.
Ancora nessuna applicazione pratica
Das Sarma parte subito forte e cita immediatamente quello che è senza dubbio l’ambito di applicazione più noto di un potenziale computer quantistico: l’algoritmo di Shor. Si tratta di una procedura matematica elaborata nel 1994 dall’informatico Peter Shor che, se realizzata da un computer quantistico, è in grado di effettuare in breve tempo una fattorizzazione in numeri primi di un numero intero. La cosiddetta prime factorization è alla base della crittografia asimmetrica, detta anche Rsa, che utilizziamo senza saperlo ogni giorno per proteggere i nostri dati personali. Poste queste basi, non stupisce che lo sviluppo dei computer quantistici abbia subito attirato l’attenzione di governi e autorità internazionali sugli usi distorti che potrebbero essere fatti di una capacità computazionale senza precedenti.
C’è però un problema: al momento, scrive Das Sarma, non è stato ancora realizzato “un computer quantistico in grado di elaborare” l’algoritmo. Nonostante tutti gli sviluppi del settore, non è stata infatti raggiunta una procedura per la correzione dell’errore quantistico, ossia un sistema in grado di compensare la rapida scomparsa degli stati quantistici dettata dalla decoerenza. “Nel 1994 gli scienziati pensavano che la correzione degli errori sarebbe stata facile perché la fisica lo consente: in realtà è estremamente difficile”, scrive Das Sarma.
L'imprevedibilità delle applicazioni
Anche possibili utilizzi su scala più piccola, come nella progettazione di farmaci o nella finanza, non sembrano così vicini. “Nessun documento tecnico dimostra in modo convincente che piccoli computer quantistici, per non parlare delle macchine nisq (acronimo per computer noisy intermediate scale quantum, ossia computer che puntano a sfruttare le potenzialità di qubit rumorosi, ndr), possono portare a un’ottimizzazione significativa del trading algoritmico o della valutazione del rischio”. Eppure, prosegue Das Sarma, ciò “non ha impedito a diverse banche di investimento di saltare sul carro del computer quantistico”.
Il problema di fondo, secondo l’autore, è che le potenzialità di un computer quantistico sono imprevedibili. “Un vero computer quantistico avrà applicazioni oggi inimmaginabili”, scrive Das Sarma. “Proprio come quando fu realizzato il primo transistor nel 1947 – aggiunge – nessuno poteva prevedere che alla fine avrebbe portato a smartphone e laptop”. Ecco perché “affermare che comincerebbe a produrre milioni di dollari di profitti per le aziende che vendono servizi o prodotti nel prossimo futuro mi lascia molto perplesso”. Soprattutto perché non si sa ancora come tutto ciò potrà essere possibile.