Le prospettive della fusione nucleare
La conferma è arrivata con una conferenza stampa indetta a Washington dal dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti: lo scorso 5 dicembre, nel corso di un test effettuato presso la National Ignition Facility (Nif) di San Francisco, un gruppo di ricercatori è riuscito, per la prima volta nella storia, a ottenere un bilancio energetico positivo da una reazione di fusione nucleare.
La notizia, anticipata nei giorni precedenti da una serie di indiscrezioni diffuse dal Financial Times e dal Washington Post, è stata subito accolta con una grande ondata di entusiasmo. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la fusione nucleare potrebbe rivelarsi, in un futuro (forse) nemmeno troppo lontano, una fonte inesauribile di energia pulita ed economica. “Questo è un risultato storico per i ricercatori e lo staff della Nif, che hanno dedicato le loro carriere a vedere l’innesco per fusione diventare realtà: questo punto di svolta sprigionerà altre scoperte”, ha commentato Jennifer Granholm, segretaria del dipartimento dell’Energia, nel corso della conferenza stampa. “È un’importante svolta scientifica – ha proseguito – che porterà a progressi nella difesa nazionale e nel futuro dell’energia pulita”.
Fissione e fusione: quali differenze
L’energia nucleare si genera con il cambiamento della configurazione, solitamente molto stabile, dei nuclei atomici. Finora, il modello più efficiente e diffuso per la creazione di questo genere di energia era dato dalla fissione nucleare. È il processo che consente alle centrali nucleari di produrre energia elettrica: atomi particolarmente pesanti vengono indotti alla rottura (o, appunto, alla fissione) e alla creazione di nuclei con numero atomico inferiore, con il conseguente rilascio di una grande quantità di energia termica che può poi essere convertita in corrente elettrica. La procedura, com’è noto, presenta tuttavia vari rischi e criticità: è molto instabile, può innescare reazioni incontrollate e, in ogni caso, genera scorie radioattive che possono avere tempi di decadimento anche di migliaia di anni.
La fusione nucleare è l’esatto contrario della fissione. In questo caso, infatti, nuclei leggeri vengono indotti a unirsi per ottenerne altri più pesanti e generare così energia che può poi essere sfruttata per la produzione di corrente elettrica. Il vantaggio principale di questo modello è costituito dal fatto che la procedura di fusione nucleare, a differenza di quella di fissione, non genera scorie radioattive. Una certa radioattività rimane sulle strutture del reattore, ma presenta tempi di decadimento decisamente più contenuti (qualche decina d’anni) ed è pertanto più controllabile.
L'esperimento del Nif
Di fusione nucleare si parla da tempo. I test eseguiti finora non erano tuttavia mai riusciti a raggiungere un bilancio energetico positivo: in pratica, l’energia prodotta nel corso degli esperimenti era sempre risultata inferiore a quella utilizzata per innescare il processo di fusione. Lo scorso anno, per esempio, il Nif aveva annunciato di aver ottenuto una reazione efficiente al 70%.
Questa volta, invece, il risultato è stato decisamente migliore. Un insieme di 192 laser ha convogliato un impulso luminoso su un minuscolo contenitore cilindrico al cui interno erano custoditi atomi di deuterio e trizio: senza entrare troppo nei dettagli, i fasci laser hanno rapidamente innalzato la temperatura a tre milioni di gradi centigradi e generato raggi X che hanno indotto deuterio e trizio a fondersi in un atomo di elio. Il test ha consentito di produrre 1,5 volte l’energia utilizzata per innescare la reazione di fusione.
Dal test alla realtà: un percorso lungo
Il successo del test ha generato grandi aspettative. Eppure, ci vorrà del tempo prima che le centrali a fusione nucleare possano entrare a far parte delle nostre vite. Gli esperti parlano di una trentina d’anni, ma è difficile capire se si tratti di un proposito o di una prospettiva. Innanzitutto perché, a ben guardare, il bilancio energetico del test è rimasto sostanzialmente negativo: il dato tiene infatti conto soltanto dell’energia che colpisce il cilindro, non di quella utilizzata per produrre gli impulsi laser. Il test è stato poi realizzato in condizioni di laboratorio, con un solo impulso al giorno e la necessità di sostituire ogni volta i materiali utilizzati e di lasciare all’intero sistema il tempo di raffreddarsi. Un’ipotetica centrale a fusione nucleare potrebbe essere efficiente soltanto se avesse la possibilità di lanciare impulsi laser più volte al secondo e di colpire obiettivi che vengono sostituiti in maniera rapida e automatica.