L’ostinato incedere della politica monetaria
Siamo immersi in un contesto economico inedito, che non ha riscontri nel passato. Incertezza e volatilità connettono variabili un tempo distinte che erano lette e interpretate separatamente. Oggi, un accadimento politico, sanitario o militare in un paese lontano, ha effetti immediati e diretti sull’organizzazione produttiva di piccoli contesti locali, minando la competitività delle imprese. Quasi tutte queste variabili sfuggono al controllo della governance economica. In un mondo fuori controllo, ai governi restano poche leve per indirizzare le dinamiche economiche, ed essendo rare sono molto più importanti rispetto al passato. La politica monetaria è una di queste. La sua importanza travalica il semplice controllo del costo della moneta. Essa diventa un punto di riferimento per le aspettative, una boa di segnalazione in un mare aperto sempre più agitato e imprevedibile. Per questo deve essere azionata e dosata con la massima cautela, in un ambiente economico radicalmente trasformato rispetto al passato. Ciò non è avvenuto.
L’emergenza dell’inflazione
Tutto è iniziato nel 2021. L’aumento del prezzo del gas si è riverberato su carbone e petrolio e in seguito sulle altre materie prime: alluminio, carta, plastica, vetro, facendo repentinamente lievitare l’inflazione. La Fed, spaventata dall’aumento dei prezzi, si è mossa in maniera decisa aumentando i tassi di 75 punti base per quattro sedute di seguito, portando velocemente il tasso al 4% (oggi è al 4,75%). Ma cosa non ha funzionato?
Anzitutto, non ha funzionato la politica monetaria in quanto tale. La componente core dell’inflazione, quella che dovrebbe essere rallentata dalla politica monetaria, non è scesa, ignara dell’aumento esplosivo dei tassi d’interesse. Nei verbali della Fed di febbraio si legge che essendo l’inflazione più elevata delle attese si continuerà a inasprire la politica monetaria. In altre parole, dal momento che la politica monetaria non funziona, insisto. Inoltre, la banca centrale non ha opportunamente considerato che il sistema economico veniva da anni caratterizzati da tassi d’interesse nulli, accompagnati da un quantitative easing di 120 miliardi di dollari mensili. Un sistema economico che, date le ammalianti condizioni dei tassi, si è pesantemente indebitato, per trovarsi di colpo, nel giro di pochi mesi, in una situazione completamente ribaltata.
In un mondo fuori controllo, ai governi restano poche leve per indirizzare le dinamiche economiche
Nuovi strumenti cercasi
La Fed non ha dato tempo al sistema di riadattarsi, di ribilanciare i propri portafogli titoli. Come ha insegnato il fallimento della SBK, coloro che si erano esposti in questa direzione si sono trovati con titoli di Stato spogliati del loro valore dalle incessanti nuove emissioni che avvenivano a tassi crescenti.
Cosa accadrà nella prossima riunione della Fed? Le aspettative erano orientate verso un aumento di 50 punti. Dopo il fallimento della SBK, si è scommesso su un atteggiamento più cauto: un aumento nullo, al massimo di 25 punti. Tuttavia, la mossa della Bce, che ha aumentato i tassi di 50 punti, potrebbe cambiare le carte in tavola. Entra in gioco il tasso di cambio euro/dollaro, assai importante per gli Stati Uniti gravati da una bilancia commerciale storicamente in deficit. Pertanto, inflazione resiliente e potenziale indebolimento del dollaro remano per un aumento di 50 punti. Debolezza del sistema finanziario e rischio di un effetto contagio di aspettative negative remano verso una seduta nulla. Un difficile equilibrio che probabilmente condurrà a un aumento di 25 punti, che di fatto non affronta i nodi cruciali delle questioni: semplicemente prende tempo, disseminando ulteriore incertezza.
Resta aperta una domanda: ma le politiche monetarie funzionano ancora come nel passato oppure è giunto il momento di pensare a nuovi strumenti di intervento economico?