Cultura del rischio, una leva per la crescita delle imprese
A Milano, Insurance Connect ha riunito imprenditori e professionisti per un confronto sui prossimi scenari che sfidano il top management: terrorismo, reputazione, sicurezza informatica, inquinamento, credito e terremoti. È emersa l’importanza strategica di una maggiore conoscenza del contesto reale in cui operano le aziende, che sappia andare oltre i pregiudizi e le immotivate paure, lasciando spazio a un approccio strategico alla gestione dei rischi
Rischi e opportunità, una relazione stretta e spesso sottovalutata. Per un’azienda, assumere meno rischi può tradursi in una minore capacità espansiva; al contrario, affrontare più rischi può essere la chiave per incrementare i profitti e conquistare nuove quote di mercato. “Il profitto è generato dal rischio, per questo la cultura del rischio influenza le scelte strategiche e la qualità dell’organizzazione delle imprese,” ha detto Alessandro De Felice, presidente di Anra, in occasione del convegno Rischi, il valore della conoscenza, organizzato da Insurance Connect il 5 giugno a Milano. Per De Felice, la chiave per il successo di una attività imprenditoriale è affrontare i rischi in modo consapevole, evitando l’errore di assumere rischi senza conoscerli. Ogni imprenditore ha una personale cultura del rischio, che è direttamente influenzata dalla propria percezione della realtà, che necessariamente impatta sul proprio atteggiamento e comportamento. Ne deriva che la cultura del rischio è difficilmente misurabile, anche se ha un impatto notevole sull’attività imprenditoriale. De Felice ha quindi sottolineato che per evitare conseguenze negative sul futuro dell’azienda, diventa cruciale il ruolo del risk management. L’introduzione del presidente di Anra ha aperto il confronto tra i numerosi imprenditori e professionisti, che hanno portato la testimonianza sul modo in cui le imprese stanno affrontando rischi come la globalizzazione, il terrorismo, i mutamenti climatici o ambientali, l’industria 4.0, fino alla reputazione e il credito. L’incontro è stato moderato da Maria Rosa Alaggio, direttore di Società e Rischio.
Interpretare il nuovo ciclo economico
Il solco tracciato dal presidente di Anra ha fornito una fertile premessa per l’intervento di Nadio Delai, presidente di Ermeneia. Infatti, l’interpretazione costante della società può dare un posizionamento delle cultura del rischio nelle imprese. Per Delai, il bisogno di sicurezza aumenta, ma bisogna saper distinguere il percepito dal reale, ossia i rischi veri da quelli dettati dall’ansia. A tal fine serve quindi un “patto di maturità” tra chi offre prodotti di copertura dai rischi, e i reali bisogni dei clienti. L’informazione sembra tuttavia ostacolare una sana maturazione della cultura del rischio perché, ha ricordato Delai, sono le cattive notizie a trovare spazio nei mass media, mentre diventa sempre più difficile distinguere le fake news. Così il futuro ci fa molta più paura. Riportando il ragionamento all’economia italiana, Delai ha sottolineato che in Italia la crescita economica in corso nel Paese non viene percepita, lasciando spazio alla paura e all’incertezza. “Un ciclo economico è finito e se ne sta aprendo un altro pieno di incognite”, ha detto Delai. Per i risk manager si presenta uno scenario sfidante: aiutare gli imprenditori a fare rete, per affrontare i rischi con maggiore realismo.
Attenzione ai rischi: terremoti, ambiente, terrorismo
Convivere con gli attentati. È dall’11 settembre 2001 che sentiamo usare questa espressione. Dall’occupazione talebana alla nascita dell’Isis, il terrorismo si evolve costantemente e in modo spesso imprevedibile. Il terrorismo è diventato così uno dei pericoli che preoccupano di più le popolazioni dei paesi più ricchi, Italia compresa. L’evoluzione in corso, secondo Marco Di Liddo, responsabile geopolitico del CeSi, sta vedendo la crescita di soggetti che hanno contatti marginali con l’organizzazione terroristica centrale.: “Si sono radicalizzati da soli, documentando attraverso il web e le app, senza ricevere una preparazione militare”. A questi, Di Liddo ha aggiunto i lupi solitari e lupi “lunatici”, ossia soggetti che agiscono da soli, senza alcun contatto con i gruppi organizzati, oppure persone con problemi psichici. Per questo sta diventando sempre più difficile prevedere il comportamento di questi soggetti, mettendo in difficoltà anche l’intelligence, ossia il fattore chiave di prevenzione contro gli attentati. Gli attentati terroristici stanno diventando sempre più simili ai terremoti: impossibile prevederli, anche se si possono mettere in atto strategie di prevenzione. Il rischio sismico è stato al centro dell’intervento di Paolo Augliera, direttore della sezione di Milano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. È stato messo in evidenza come il maggior numero di vittime non deriva dalla geologia, ma dalla qualità di costruzione degli edifici. Nonostante l’Italia sia un Paese ad alta attività sismica, la speculazione edilizia non ha tenuto conto del pericolo che un evento sismico costituisce per la popolazione. Dal confronto, è emersa l’opportunità di avere una copertura assicurativa obbligatoria, che possa in qualche modo coprire il rischio in tutta la Penisola. Dai rischi che vengono dal sottosuolo, si è passati ai rischi che derivano dall’inquinamento dell’aria e della terra. Sono gli effetti spesso di attività illegali, punite severamente dalla legge italiana, ma che non trovano ancora una efficace attività di prevenzione. Per Lisa Casali, manager di Pool Inquinamento, occorre un cambiamento culturale, perché diffonda la cultura del rischio ambientale in tutte le imprese e soprattutto in tutti i settori, non solo quelli più esposti come la chimica.
Operare nell’incertezza politica e economica
Le problematiche, le esperienze e le iniziative delle aziende sono state messe al centro di un intenso confronto tra Sandra Bassi, direzione area Brescia Nord e Valli di Cassa Padana, Nicola Cattabeni, presidente di Ugari, Paolo Cova, risk manager di Iren, Olivo Foglieni, amministratore delegato del gruppo Fecs, Claudio Marchionni, responsabile logistica di Unieuro, Mauro Porcelli, advisory financial services director presso PwC, Fabrizio Sechi, risk management manager di Fastweb. Secondo una ricerca di PwC, tra i rischi più percepiti a livello mondiale dalle aziende ci sono l’impatto delle nuove regolamentazioni, seguito dal rischio geopolitico e dal cyber risk. Diventa così centrale investire in sicurezza. Per gli imprenditori esistono tuttavia rischi più difficili da misurare. È il caso del rischio reputazionale, che costituisce un fattore di attenzione per il top management, su cui costruire una strategia di crescita aziendale. Infine, non è mancato un approfondimento sul rischio del credito, un fattore imprescindibile per lo sviluppo di qualsiasi impresa. Dall’incontro tra domanda e offerta di credito dipende strettamente la vitalità dell’intero sistema economico. Sotto questo punto di vista, lo sviluppo di una cultura del rischio già durante la fase di startup, può costituire un importante fattore di credibilità per l’iniziativa imprenditoriale nell’accesso al credito. Una strada che tuttavia sembra ancora tutta in salita.