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Pmi, il credito passa per la gestione del rischio

Valutare correttamente l’impatto delle mutate condizioni di mercato è un elemento strategico per dare credibilità verso gli istituti finanziari. Per questo, le piccole e medie imprese devono sviluppare un sistema di risk management che consenta di avere una chiara visione dello scenario del business

Brexit, la guerra commerciale Cina-Stati Uniti, la concorrenza di imprese innovative nate nei paesi emergenti con il sostegno di ingenti capitali stranieri. Importanti discontinuità di mercato che stanno incidendo non solo sulle grandi aziende globalizzate, ma rischia di essere distruttivo per le piccole e medie imprese italiane. Come se non bastasse, a complicare le condizioni di mercato si aggiungono gli attacchi informatici e gli eventi catastrofali ad alto impatto sull’attività di impresa, tali da provocarne anche l’interruzione dell’attività di impresa. Per fortuna, se il mondo del business cambia, il mercato dei capitali non è rimasto fermo. Nuovi strumenti finanziari si stanno sviluppando proprio per sostenere l’attività delle imprese più fragili. È il caso dei Piani individuali di risparmio, pensati per unire le esigenze dei risparmiatori a quelle dei piccoli e medi imprenditori. Per questo, per le pmi, ossia l’ossatura del sistema economico italiano, si è aperta l’opportunità di accedere a ingenti finanziamenti. A una condizione: aumentare la propria credibilità verso gli istituti di credito, presentando una corretta lettura dello scenario del proprio business, soprattutto alla luce dei rischi.

Il risk management è un’opportunità
Per Alessandro De Felice, presidente Anra, la sfida per i risk manager è “consentire ai vertici aziendali di prendere decisioni consapevoli al fine di ridurre l'impatto dei rischi incombenti sui risultati attesi”. Lo ha sottolineato in occasione di Imprevisto o probabilità? La carta del risk management, il XIX convegno annuale dell’Associazione nazionale dei risk manager e responsabili assicurazioni aziendali che si è tenuto il 13 e 14 novembre al MiCo di Milano. L’influenza e il peso del risk management aziendale nell’accesso a finanziamenti e capitali da parte delle Pmi è stato al centro della prima tavola rotonda, a cui hanno partecipato Mario Anolli, docente università Cattolica del Sacro Cuore, Fabio Arpe, fondatore e ceo Arpe Group, Maurizio Borletti, presidente Borletti Group, Enrico Guarnerio, chairman e ceo Strategica Group/direttore Cts Anra, Giuseppe Seghi Recli, ad Molteni Farmaceutici, Davide D'angelo, socio studio Grimaldi. I relatori hanno messo in evidenza come l’evoluzione del mercato finanziario ha impattato sensibilmente sulle modalità della concessione del credito. I direttori di filiale che davano finanziamenti sulla base di valutazioni frutto della personale esperienza sono ormai un’immagine quasi romantica del credito. Oggi la concessione dei finanziamenti passa da una analisi quantitativa, che sottopone l’attività di impresa a un rigido controllo dei flussi di cassa e delle prospettive di sviluppo di impresa. Un sistema di risk management consente agli istituti finanziari di avere una visione chiara della prospettiva del business dell’azienda. L’impresa che mostra di avere consapevolezza anche delle fragilità della propria attività e delle soluzioni prese per mitigare i rischi dimostra di avere una maturità che viene sensibilmente apprezzata. Il caso di Molteni Farmaceutici è esemplare: la gestione del rischio ha consentito di avere accesso al sistema del progetto Elite della Borsa italiana. Una prova concreta che il risk management non è solo compliance, burocrazia, ma è un vero e proprio volano del business.

Un framework integrato per le aziende
Fare risk management è una grande opportunità, che ha tuttavia un costo dovuto al necessario cambiamento culturale per ridefinire i modelli di business. È vero che la diffusione di qualche forma di risk management nelle medie imprese italiane è in crescita passando negli ultimi due anni dal 63% all’80% delle imprese, mentre le medie aziende che adottano un framework integrato sono passare 17,2 al 37,5%; un dato che dimostra che per quasi due imprese su tre l’approccio alla gestione del rischio è ancora improvvisato. I dati sono dell'ultimo Osservatorio sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane, realizzato da Cineas in collaborazione con l'Ufficio studi di Mediobanca. Nonostante sia dimostrata una correlazione diretta e positiva tra performance economica e gestione integrata dei rischi (le imprese che hanno implementato sistemi di valutazione e gestione del rischio mostrano un incremento di redditività del 38%), gli imprenditori stentano a capire il valore aggiunto della gestione del rischio. Qui si apre una sfida per i risk manager e chief risk officer: aumentare le capacità comunicative per rendere visibile lo scenario che ruota attorno al fatturato di impresa. Il tema è stato al centro di una tavola rotonda del convegno Anra, a cui hanno partecipato Maria Elena Cappello, member of the board of directors Prysmian, Mps, Saipem, Telecom Italia, Carolyn Dittmeier, chairman board of auditors Generali, Elisabetta Magistretti, membro del cda Luxottica. È emerso che la valutazione dei rischi deve essere in grado di far capire lo scenario che ruota attorno ai numeri del piano strategico, mostrando in modo semplice e trasparente come si è arrivati alle conclusioni mostrate nel report. Detto altrimenti, serve sintonia di intenti, perché chi si occupa di gestione del rischio non può fare nulla senza il coinvolgimento dei vertici aziendali.