Il crollo della manifattura italiana
Non accadeva dal 2012, anno nero della crisi dei debiti sovrani. La manifattura italiana, nel 2018 si è contratta per quattro trimestri consecutivi, mentre per il quinto mese di fila, a febbraio, la contrazione fa segnare il ritmo più rapido dal 2013, anche se gli analisti si aspettavano un calo peggiore. Nel 2018 la produzione manifatturiera italiana ha inanellato, trimestre dopo trimestre, secondo i dati di Cna, quattro cali consecutivi via via più profondi: -0,3% nel primo trimestre, -0,5% nel secondo e nel terzo trimestre, -0,9% nel quarto trimestre. Nel 2012, la caduta prolungata dell’attività produttiva era coincisa con eventi eccezionali, quali appunto la crisi dello spread e una politica fiscale particolarmente restrittiva, si vedano le politiche grazie alle quali il governo Monti salvò l’Italia dalla bancarotta. Cna fa notare che per effetto di questi andamenti, nel quarto trimestre dello scorso anno, i volumi prodotti sono risultati in diminuzione del 2,2% rispetto allo stesso periodo del 2017, quando invece erano aumentati del 4,9%. Il peggioramento dello stato di salute dell’industria manifatturiera coinvolge l’andamento della produzione in undici settori su tredici, ma desta grande preoccupazione soprattutto il comparto dei mezzi di trasporto, passato dal +7,3% del quarto trimestre 2017 al -5,7% dello stesso periodo 2018. A questo settore strategico sono legate produzioni intermedie e complementari, come la meccanica e la chimica. I dati sull’indice Pmi, del resto, confermano la tendenza negativa che prosegue anche quest’anno. Il valore è sceso a 47,7 a febbraio da 47,8 di gennaio, restando quindi molto al di sotto della soglia di 50 che separa crescita da contrazione. A questi dati si aggiunga che l’indice dei nuovi ordini, che sarebbe il future della produzione industriale, il mese scorso ha registrato un calo a 46,1 da 46,5 del mese precedente, sempre al di sotto della soglia di 50 e per il settimo mese di fila. Alla fine del 2018 l’Italia è scivolata in recessione tecnica, e l’Istat ha abbassato la stima sulla crescita del Pil nell’anno passato da +1% a +0,9%.
CALA LA FIDUCIA
Il clima pesante si sta riflettendo sulla fiducia dei consumatori e delle imprese che a febbraio, secondo i dati preliminari di Istat, è ampiamente in calo. L’indice che riguarda i consumatori passa da 113,9 a 112,4; mentre quello delle imprese si caratterizza per un’evidente flessione (da 99,1 a 98,3), confermando un’evoluzione negativa in atto ormai dallo scorso luglio. Tutte le componenti del clima di fiducia dei consumatori sono in peggioramento: il clima economico cala da 130,5 a 126,6, il clima personale passa da 108,9 a 108,2, il clima corrente scende da 112,4 a 109,4 e il clima futuro flette da 117,4 a 116,9. Per quanto riguarda le imprese, l’indice di fiducia diminuisce in gran parte dei settori: nella manifattura e nei servizi l’indice cala lievemente, passando rispettivamente da 102 a 101,7 e da 98,6 a 98,3; nelle costruzioni il calo è consistente, da 139,2 a 135,5. Solo il settore del commercio al dettaglio fa eccezione e aumenta da 102,9 a 105,4. Tornando allo specifico del settore manifatturiero, l’Istat rileva “un peggioramento, per il secondo mese consecutivo, delle attese sulla produzione, unitamente a un aumento del saldo relativo alle scorte di magazzino”. Nelle costruzioni, il deterioramento del clima di fiducia riflette un deciso ridimensionamento delle aspettative sull’occupazione e dei giudizi sugli ordini. A poco sembrano quindi valere i progressi registrati sul fronte dell’occupazione. Complessivamente, dice Istat, su base annua l’occupazione è cresciuta a gennaio di 160 mila unità; i dipendenti a termine sono aumentati di 126 mila e quelli a tempo indeterminato di 29 mila unità.