Il sistema bancario all'anno zero
Cambiamento dei modelli di comportamento dei consumatori e delle aziende; impatti delle nuove tecnologie digitali, l'intelligenza artificiale, il cloud, l'IoT; la normativa; lo scenario di mercato fatto di tassi bassi e di curve dei rendimenti piatte. Tutti questi fattori costituiscono le sfide per le banche del futuro, in un contesto di ridefinizione degli obiettivi e delle strategie per raggiungerli, dove i grandi player devono fare i conti con la complessità delle proprie legacy e i piccoli e medi sono di fronte ai dilemmi delle scelte di M&A.
Mai come in questi ultimi anni, il sistema bancario è stato sotto pressione: colpa della crisi economica, certo, ma anche di un mondo che cambia alla velocità della luce, che richiede nuove modalità di dialogo e interazione. Da qui, la necessità di una profonda riflessione sullo sviluppo che le istituzioni finanziarie dovranno percorrere nel prossimo futuro.
PMI: SE LA FIDUCIA VIENE MENO
Una recente ricerca, curata da The European House - Ambrosetti e Openjobmetis, dal titolo Le banche del futuro, ha evidenziato la progressiva riduzione della fidelizzazione delle aziende, la minore interazione delle Pmi italiane con le banche e l’affermazione dei nuovi strumenti digitali. Guardando alle Pmi, dallo studio è emerso che le condizioni economiche, la presenza di un gestore dedicato, le strategie omnicanale e un'offerta di nuovi servizi sono tra i fattori che le imprese di quella stazza guardano con maggiore attenzione.
Gli imprenditori, del resto, sono ancora in una fase di fiducia e il proprio sentiment riguardo le performance e le prospettive di crescita delle proprie aziende è positivo. In un sondaggio realizzato durante l'incontro intitolato Lo scenario dell’economia e della finanza, la metà degli imprenditori intervistati riteneva che la propria azienda stesse performando meglio dei concorrenti. Nonostante questo, però, questi esprimevano cautela sulle previsioni di chiusura del fatturato 2019: rivedevano le stime al ribasso, tanto che uno sviluppo superiore al 10% del fatturato riguardava solo il 22% dei votanti.
LE SPERANZE E I TIMORI
Tornando al rapporto, i responsabili delle Pmi vorrebbero che il modello di business delle banche con cui hanno a che fare fosse simile a quello delle aziende fintech che già operano su più segmenti dell’industria bancaria. La maggioranza degli imprenditori intervistati percepisce il modello fintech come un “game changer”, mentre temono, nei prossimi cinque anni, un eccesso di regolamentazione, la recessione globale e, in misura molto minore, il rischio geopolitico. Ed è proprio in questo nuovo scenario che s'inseriscono attori non tradizionali, che sono in grado di avere un focus preciso sul cliente e sull’uso della tecnologia: queste aziende, si legge nel rapporto, prosperano grazie all’utilizzo intelligente dei dati che costituisce il loro asset principale: un patrimonio immateriale che genera profitti.
GLI ASSET INTANGIBILI ABBONDANO
Anche nel settore bancario, come già avviene per quello della comunicazione, si sta concretizzando il passaggio a un’economia in cui gli investimenti in asset intangibili prevalgono su quelli tangibili: ciò determina una modifica profonda nella domanda e nell’offerta di servizi finanziari e di nuovi servizi a valore aggiunto che non appartengono al bagaglio tipico delle banche. La soluzione, per il mondo del credito, arriva dalla ricerca e dalla valorizzazione dei dati dei clienti. La tecnologia, le start up fintech, possono aiutare i player tradizionali ad abbattere le barriere costituite dalla legacy dei propri sistemi informatici e da un modello di business che si sta rivelando sempre meno adatto al futuro.
Oggi, fanno sapere da The European House – Ambrosetti, le banche tradizionali devono cambiare il proprio dna e trarre ispirazione dai metodi delle fintech, nate per soddisfare un bisogno specifico di uno particolare segmento di clienti ma che, con un uso intelligente dei dati delle aziende clienti, riescono a coprire nuovi campi e offrire servizi a valore aggiunto. Ma quali sono questi servizi? La maggior parte delle top 250 aziende fintech a livello globale si occupa di servizi di incasso e pagamento e di processi bancari, con una elevata focalizzazione sulla clientela retail (42% del campione) e commerciale (30%), soprattutto nelle aree degli incassi/pagamenti del B2B.
SPUNTI PER LO SVILUPPO
Ma anche le Big tech (Amazon, Google, Apple, ecc.) stanno già fornendo servizi finanziari, non solo nell’area dei pagamenti ma anche del finanziamento del capitale circolante delle aziende presenti nei loro marketplace, favorite da un sistema regolatorio e normativo spesso più favorevole rispetto a quello definito per gli operatori bancari. Alla luce dei risultati della ricerca, The European House - Ambrosetti e Openjobmetis hanno stilato una serie di raccomandazioni indirizzate ai policy maker e ai top manager delle banche: si va dall'eliminazione delle forme più penalizzanti di regolamentazione, che rendono meno conveniente per le banche investire in asset intangibili, alla definizione di regole omogenee a livello europeo per gli operatori che entrano nel settore del credito.
Occorre inoltre ridefinire nuovi modelli collaborativi per guidare la trasformazione digitale, facilitare la diffusione dell’open innovation, presidiare meglio i rischi su governance e sicurezza nel nuovo contesto competitivo. I gestori delle banche dovrebbero cercare di attrarre i talenti digitali, ripensando anche gli accordi di lavoro, mentre la politica dovrebbe spingere sulla diffusione della cultura di un aggiornamento permanente e infine prevedere incentivi finanziari per contenere gli effetti della trasformazione digitale.