Auto autonoma, tre sfide all’orizzonte
Il vulcanico Elon Musk si dice ottimista: le auto a guida autonoma diventeranno presto più sicure delle vetture tradizionali. “Sarei sorpreso se ciò non avvenisse entro la fine del prossimo anno”, ha affermato recentemente il fondatore e ceo di Tesla. Che proprio per la fine del 2020 ha fissato il nuovo traguardo della sua società: lanciare la sua prima flotta di robo taxi.
L’ottimismo, dunque, non manca. E si accompagna ad altri attestati di fiducia che il settore ha ricevuto (e continua a ricevere) ormai da parecchi anni. Recentemente, tanto per citare un caso, Uber ha raccolto da Toyota, Denso e Softbank un finanziamento da un miliardo di dollari per sostenere i progetti di Advanced Technology Group, la divisione della società che si occupa appunto di self-driving car. Eppure, nonostante tutto, a volte ottimismo e buona volontà non bastano: certi ostacoli restano difficili da superare. Ne è convinto Amnon Shashua, ceo di Mobileye, società israeliana specializzata in sistemi di assistenza di guida che è stata rilevata nel 2017 da Intel per la cifra monstre di oltre 15 miliardi di dollari. E che ora sta lavorando insieme a Volkswagen al lancio di un servizio di taxi a guida autonoma a Tel Aviv.
Il traguardo è senz’altro ambizioso. E si scontra con tre sfide che Shashua ha elencato in un intervento sulla Mit Technology Review. La prima, checché ne dica Elon Musk, è data proprio dalla sicurezza. Il tema è tornato di stretta attualità nel marzo del 2018, quando un’auto a guida autonoma di Uber ha investito e ucciso un pedone a Tempe, in Arizona. Per quanto la procura abbia scagionato la società da ogni responsabilità, focalizzando la propria attenzione sul comportamento del guidatore, il tema rimane. E poco importa se, come ricorda Shashua, i numeri attuali parlano di una morte per ogni milione di ore di guida.
Gli errori nei sistemi di rilevamento e percezione si attestano infatti a un livello molto più alto, pari a uno ogni decina di migliaia di ore. Errori che non sempre, fortunatamente, sfociano in un incidente mortale. Ma che danno la misura di quanto lunga sia ancora la strada per arrivare a un livello di sicurezza accettabile. Secondo Shashua, per raggiungere il traguardo, servono sistemi di monitoraggio più precisi, magari capaci di sfruttare la ridondanza resa possibile da un numero più elevato di radar e telecamere, e mappe dettagliate in grado di fornire un quadro preliminare dell’ambiente in cui si muove la macchina.
La sola sicurezza, tuttavia, non basta. Come fa notare Shashua, un’auto perfettamente sicura rischia infatti di essere sostanzialmente inutile. “Sarei completamente al sicuro se stessi fermo o viaggiassi molto piano”, afferma il manager di Mobileye. “Il sistema – prosegue – sarebbe però del tutto inutile e nessuno vuole questo tipo di veicolo sulla strada”. Il tema della viabilità coincide con la seconda sfida. E si lega alla necessità di un intervento regolatore che definisca i confini della capacità di scelta delle vetture autonome. Il passaggio, a detta di Shashua, si rivela fondamentale per costruire un panorama legale che, oltre a definire in maniera più precisa le eventuali responsabilità, possa dare indicazioni di indirizzo agli addetti ai lavori e spingere così lo sviluppo del settore.
L’ultima sfida riguarda i costi. Il tema, nella sua semplicità, è quasi banale: perché la auto autonome possano avere un rapido sviluppo, è necessario che il prezzo delle vetture scenda a un livello appetibile per il mercato di massa. In questo contesto, osserva Shashua, eliminare il guidatore dal paradigma della mobilità può costare decine di migliaia di dollari. E il consumatore medio, aggiunge, non pare così intenzionato a spendere decine di migliaia di dollari per della semplice tecnologia. La chiave è quella di sviluppare sistemi molto più precisi a una frazione del costo attuale. In caso contrario, chiosa Shashua, “i robo taxi potranno pure arrivare nel 2021 o nel 2022”. Ma per i passeggeri “bisognerà aspettare ancora qualche anno in più”.