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I rischi fra scelta difficile e delega fiduciaria

Calcolare, soppesare, misurare, possono non essere sufficienti per far comprendere adeguatamente al cliente a quali incognite va incontro. Vanno messe in gioco anche altre variabili, quelle che sono sentite in modo più personale e diretto

C’è un modello dominante nell’approccio tecnico alla scelta legata a un’innovazione, secondo il quale i rischi si contano. E siccome l’immaginazione non si può contare, i rischi che le persone immaginano non devono contare. Ciò che è soggettivo non è oggettivo, e dunque non può essere considerato significativo.
Ma, a parte che non tutto quel che conta si sa calcolare, così come non tutto quel che si sa calcolare, spesso, conta davvero, c’è da interrogarsi in quale prospettiva i soggetti reali, le persone in carne e ossa, con i loro valori e i loro interessi, si pongono verso la scelta. Ecco, allora, delinearsi subito un bivio: scegliamo di… scegliere, anche se l’argomento si presenta subito come complesso, oppure, magari dopo aver tentato di farsi un’idea propria, deleghiamo qualcuno di nostra fiducia a decidere per noi?
Lungo la prima strada, secondo una famosa teoria psicologica fatta propria dall’economia comportamentistica, la teoria della prospettiva, dobbiamo innanzi tutto considerare il punto di riferimento cognitivo dal quale la persona guarda ai possibili esiti futuri. Se, dunque, il rischio era finora dato dal prodotto danno computabile e probabilità di verificarsi, dovremo sostituirvi, rispettivamente, una funzione di valore e un peso decisionale che la teoria si propone di stimare, almeno qualitativamente.

Il peso della percezione
Per quanto riguarda la prima, guadagni e perdite vanno stimati per differenza rispetto a un riferimento “naturale” e non per il loro valore assoluto. Ad esempio, uno stesso ammontare, se è perduto, è più ingente di quando viene acquisito: siamo, in effetti, più sensibili alle perdite che ai guadagni. Però, in entrambi i casi, esistono delle soglie, oltre le quali i valori stimati non variano più: una soglia di soddisfazione e una bancarotta. Per quanto riguarda, invece, il peso decisionale, va assegnata alla certezza (probabilità stimata del 100%) un valore del tutto particolare: a parità di tutte le altre condizioni sulle alterative di scelta, un guadagno certo sarà tendenzialmente preferito a uno maggiore ma incerto e una perdita certa rifuggita rispetto a una superiore ma incerta. Ecco che, dunque, se il soggetto si percepisce in una situazione di perdita, manifesterà un atteggiamento risk seeker, sarà cioè disposto ad assumere molti rischi anche per un piccolo recupero dalla perdita, mentre, al contrario se si percepisce in una situazione di guadagno sarà risk adverse, ovvero cercherà di mantenere la situazione favorevole. Quel che è importante è ricordare che il punto di riferimento per il soggetto è la percezione di trovarsi in perdita o in guadagno. La teoria prevede che, in generale, la scelta venga condotta minimizzando il massimo rimpianto possibile che potremmo avere per aver preso una scelta a esclusione di altre (minimax regret).

Ogni persona è unica e vuole partecipare
Ma vediamo l’altra strada disponibile: delegare. Si può delegare una persona o anche una agenzia anonima, ma si pone comunque sempre una questione di fiducia. Proviamo a esaminare quelle possiamo chiamare le quattro leve della fiducia.
Abbiamo bisogno di sentire, innanzi tutto, la Competenza nell’ambito strettamente specifico, per poterci convincere che la delega è riposta in mani esperte. Ma, soprattutto da agenzie esperte, vogliamo anche conoscere le procedure seguite nella scelta o, almeno, percepirne l’Accountability, ovvero la disponibilità a renderne conto pubblicamente. Vi è, però, soprattutto quando i rischi sono elevati, il bisogno di sentire che l’agenzia ha Responsibilità, che cioè essa è pronta a farsi carico del nostro caso, che è tanto unico, per noi quanto per lei. Non è sufficiente essere trattato, pur con accountability, come un numero, come un “caso”, ma abbiamo bisogno di sentirci trattati come persone. E ogni persona è unica. Infine, sempre più spesso i cittadini vogliono partecipare attivamente alle scelte che li concernono, e quindi la fiducia va di pari passo con l’opportunità, che deve sempre essere accordata anche se non necessariamente esercitata, di Partecipazione.
Facciamo, in ultimo, un esempio concreto. Nella scelta del chirurgo che ci opererà, avrà certamente grande peso la nostra percezione della sua competenza specifica (e tanto più specifica, tanto meglio), ma saranno altresì importanti, risultando magari decisivi, la sua capacità di renderci-conto dell’operazione che subiremo; la chiarezza, certezza e trasparenza delle procedure della struttura nella quale saremo operati, e conterà anche la capacità di comunicarci la presa in carico della nostra unicità. Per noi non siamo un mero numero o una patologia all’interno di una anonima procedura, e, dunque, non vogliamo essere trattati come se lo fossimo. Se sarà necessario salvaguardare il nostro benessere, la cura della patologia andrà messa in secondo piano. E potrà essere decisiva la sua capacità di coinvolgerci nel processo decisionale, mostrandoci gli esiti possibili e le loro probabilità, non solo consigliandoci, ma assistendoci in una presa di decisione che, alla fine, sarà realmente la nostra. L’obiettivo, dunque, sarà l’instaurazione di una alleanza.