Draghi, il Qe prima dell’addio
Dal prossimo primo novembre ripartirà il quantitative easing (Qe), il programma straordinario di acquisto titoli da parte della Banca centrale europea. Il presidente della Bce, Mario Draghi ce l’ha fatta anche questa volta. Pur alla scadenza del mandato, ha superato le differenze nel consiglio direttivo conducendo in porto il rilancio del Qe che era stato chiuso da pochi mesi, e un taglio dei tassi con la promessa che non saliranno fin quando necessario. La Bce torna così in prima linea contro le difficoltà dell’economia.
Il nuovo Qe porterà all’acquisto di 20 miliardi di euro di titoli al mese e durerà “fino a che sarà necessario”, ha scritto la Bce in un comunicato. Allo stesso tempo, la Bce ha tagliato ulteriormente i suoi tassi di interesse che erano già negativi, dal -0,4% al -0,5%. Nel corso della conferenza stampa, lo scorso giovedì a Francoforte, Draghi ha inoltre lanciato un appello forte più che mai a uno stimolo di bilancio in Europa (rivolgendosi implicitamente alla Germania).
Festeggiano le Borse, spread ai minimi
Le decisioni della Bce, come prevedibile, sono state un toccasana per i rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi più in affanno, come l’Italia. Lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi, nelle ore immediatamente successive all’annuncio, ha toccato i livelli minimi da maggio 2018, e quasi 200 punti rispetto al picco dal 20 novembre scorso, vigilia della bocciatura della manovra di bilancio italiana a Bruxelles.
Riviste le stime di crescita dell’Eurozona
Sullo sfondo permane uno scenario economico che preoccupa: fra i rischi di una Brexit senza accordo e di un’escalation dei dazi, “le informazioni in arrivo indicano una debolezza dell’economia dell’Eurozona più protratta, importanti rischi al ribasso e un’inflazione debole”, ha spiegato Draghi. Aggiungendo che “crediamo ancora che le probabilità di una recessione siano basse, ma sono salite”. I tecnici della Bce hanno dovuto operare l’ennesimo peggioramento delle stime di crescita dell’Eurozona (+1,1% e +1,2% per il 2019 e 2020) e per quelle d’inflazione, che non si allontana dall’1%. E l’allarme deve aver suscitato viva preoccupazione fra i governatori riuniti nell’Eurotower di Francoforte: “lasciatemi dire che c’è stata unanimità su un fatto, e cioè che la politica di bilancio dovrebbe divenire il principale strumento di stimolo all’economia dell’Eurozona”, ha detto il presidente della Bce rispondendo con un “assolutamente sì” alla domanda se il suo sia un appello, ma anche un avvertimento, ai governi (in primis a Berlino) che la Bce non toglierà in eterno le castagne dal fuoco alla politica.
Trump, Draghi respinge le accuse al mittente
Nella stessa giornata dell’annuncio, si è fatto sentire su Twitter, il presidente Usa Donald Trump. “La Bce – ha scritto – agendo rapidamente, taglia i tassi di 10 punti base. Stanno tentando e con successo a svalutare l’euro rispetto al dollaro molto forte, danneggiando l’export statunitense. E la Fed sta seduta, seduta e seduta. Loro sono pagati per prestare denaro mentre noi stiamo pagando gli interessi”. A queste parole, Draghi ha replicato con il suo tradizionale aplomp: “il nostro mandato – ha affermato – lo conoscono tutti ed è assicurare la stabilità dei prezzi. Non agiamo sui tassi di cambio”.
Le mosse della Fed
Tuttavia la Fed non è rimasta a guardare. Mercoledì 18 settembre la banca centrale statunitense ha iniettato 75 miliardi di dollari nel sistema finanziario degli Usa per prevenire una stretta al mercato monetario dopo un balzo dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento a breve termine è volato fino al 10%, il doppio rispetto alla forchetta di politica monetaria compresa fra il 2 e il 2,25%. Una mossa che non si vedeva dai tempi della crisi del 2008 e che si è resa necessaria per controbilanciare la domanda di liquidità (richiesta per esser impiegata in nuovi titoli di Stato) a fronte di una scarsità dovuta alle scadenze fiscali.