Italiani e soldi: non si ferma la corsa alla liquidità
Alla fine del 2018 la ricchezza finanziaria degli italiani ammontava complessivamente a 4.218 miliardi di euro: -0,4% in termini reali rispetto al 2008. Molta ereditata dal passato, poca quella aggiunta di recente. Segno evidente che non si è ancora ritornati ai livelli pre-crisi. Come investono dunque gli italiani? Si fidano ancora dell’Italia e degli strumenti finanziari? Su cosa potrebbero investire se ci fossero gli strumenti adatti per rispondere alle attuali esigenze di risparmio e di sicurezza? Sono queste le domande del Rapporto Aipb-Censis “Gli italiani e la ricchezza. Affidarsi al futuro, ripartire dalle infrastrutture” che ha analizzato comportamenti e propensione agli investimenti degli italiani.
Contanti e riserve assicurative
Sono 500mila le famiglie italiane (circa il 2,5% del totale) che detengono patrimoni finanziari superiori a mezzo milione di euro. E ammonta a circa 850 miliardi di euro il portafoglio di risparmi per investimenti affidati al private banking.
Nella composizione del portafoglio delle attività finanziarie degli italiani in pole position si trova la voce contante e depositi bancari, con 1.390 miliardi di euro, pari al 33% del totale e una crescita del 13,7% rispetto a dieci anni fa. Interessante la crescita delle riserve assicurative, pari al 23,7% del portafoglio, che segna un + 44,6% in dieci anni. Crollano invece titoli obbligazionari (pesano per il 6,9% del portafoglio, erano pari al 21% dieci anni fa) e azioni (-12,4% dal 2008).
La fine dei «Bot people»
Il rapporto rivela che il contante risulta essere lo strumento contro l’insicurezza preferito dagli italiani. Le idee degli italiani sul risparmio prevedono una difesa intransigente della libertà di scelta del risparmiatore. Secondo il 76,8% degli italiani, il contante, soldi tenuti fermi sui conti correnti bancari e investimenti finanziari non devono essere tassati in misura maggiore delle risorse che invece vengono investite nell’economia reale.
Tra i risparmiatori vince inoltre una crescente diffidenza verso lo Stato: il 61,2% degli italiani non utilizzerebbe i propri risparmi per acquistare Bot, Btp o altri titoli del debito pubblico. E’ finita definitivamente l’era dei “Bot people”.
Italia, un Paese sul quale è complicato investire
Nonostante da più parte si paventi il rischio che i più ricchi abbandonino l’Italia, il 68,2% di chi detiene patrimoni superiori al mezzo milione di euro non ha alcuna intenzione di andarsene. Il 42,2% afferma infatti che in Italia ha le proprie radici e il 26,0% ritiene che il nostro sia uno dei Paesi in cui si vive meglio al mondo.
Nella percezione delle persone più ricche, messe in luce dal Rapporto, esiste tuttavia un rischio-Paese per l’Italia. Per il 53,4% di loro pensare al futuro del Paese desta preoccupazione, per il 23,4% curiosità e solo nell’8,3% suscita un senso di sfida. Gli esperti evidenziano come questi siano stati d’animo che non incentivino a investire, soprattutto nel lungo periodo.
Infrastrutture: un investimento rischioso ma strategico
I dati del rapporto rivelano inoltre che italiani sono consapevoli di quanto sia prioritario investire in infrastrutture per il nostro Paese, dal Ponte di Genova, alla Tav, ai trasporti locali e non solo. L’89,3% degli intervistati ritiene che siano investimenti strategici. Per il 50,7% bisognerebbe investire nella messa in sicurezza del territorio contro frane, inondazioni e terremoti, per il 39,3% nelle energie alternative, per il 33,2% nella ristrutturazione di monumenti, chiese, opere d’arte, siti archeologici, per il 22,5% nelle ferrovie e nei treni locali, per il 22% in collegamenti stradali e ferroviari tra il Tirreno e l’Adriatico, per il 20,8% nella connessione internet veloce ovunque e per il 20% nei trasporti pubblici delle grandi città.
Se in Italia le infrastrutture si annunciano e poi non si portano a termine, per il 57,9% degli italiani ciò dipende dalla corruzione, per il 54,1% da regole eccessive e burocrazia lenta, per il 33,7% da controlli insufficienti sulle imprese che realizzano i lavori, per il 31,7% dalla politica che cambia idea sulle opere da realizzare. Sono proprio le ragioni che bloccano o rallentano i cantieri a dissuadere gli italiani dall’investire i propri soldi negli strumenti di finanziamento delle infrastrutture. Anche tra i clienti del private banking (i ricchi) il 56,7% opta per altri investimenti dai rendimenti più sicuri e il 55,7% teme ritardi o blocchi delle opere. Nonostante tutto ciò, il 35,3% investirebbe in infrastrutture: una ottima base di partenza.