Diecimila morti all’anno in Italia a causa dei super-batteri resistenti agli antibiotici
Dagli esperti è arrivato un appello sulla necessità di una maggiore spinta alla ricerca scientifica e la creazione di corsie preferenziali per l’approvazione e l’immissione in commercio di nuovi farmaci. “Lo spettro di un’era pre-antibiotica, che ci riporterebbe indietro di cent’anni, si sta allungando inesorabilmente sulla salute pubblica globale per colpa dei super-batteri resistenti agli antibiotici”, ha spiegato Matteo Bassetti, presidente della Societa’ Italiana Terapia Antinfettiva (Sita), e professore ordinario di Malattie Infettive al dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Genova, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’ospedale Policlinico San Martino (Irccs) di Genova e presidente del simposio.
Secondo Bassetti, l’emergenza sanitaria “potrebbe rientrare grazie a nuovi antibiotici. Già oggi, utilizzando al meglio e più precocemente i farmaci più innovativi, alcuni esistenti e altri in fase di approvazione, si potrebbe ridurre di un terzo la mortalità da super-batteri nel nostro Paese salvando 3mila vite l’anno. Per esempio nel caso di Klebsiella pneumoniae, uno dei più frequenti batteri isolati in infezioni del sangue, dei polmoni e delle vie urinarie, recenti studi hanno evidenziato che i nuovi antibiotici hanno diminuito drasticamente la mortalità, che è scesa dal 50-55% al 10-15%”. Una riduzione di circa un terzo che, rapportata ai 10mila morti l’anno in Italia (secondo i dati del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie), equivalgono a 3.000 morti in meno. Per contrastare i germi multiresistenti è dunque “necessario potenziare la ricerca e incentivare l’utilizzo di nuovi antibiotici, veri salvavita come gli antitumorali, superando il paradosso di non curare un’infezione oggi per timore che diventi più grave o meno curabile domani. Se le aziende farmaceutiche non investiranno più in ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici – ha sottolineato Bassetti – c’è il rischio di un ritorno in epoca pre-antibiotica, con la comparsa di ceppi batterici sui quali nessun antibiotico funziona più. E’ fondamentale fare ricerca per individuare nuovi farmaci e valorizzare gli antibiotici innovativi, che inseriti all’interno di schemi terapeutici adeguati consentano anche di proteggere gli sforzi e gli investimenti fatti a sostegno della salute del paziente con enormi risparmi di risorse. Se non interveniamo in maniera decisa, coinvolgendo le istituzioni e il sistema sanitario in tutti i suoi gangli al pari della società civile, come le aziende farmaceutiche che scoprono e producono nuovi antibiotici, il futuro sarà sempre più nero”.