Covid-19, l’Italia prova a resistere
L’Italia, nonostante tutto, resiste. Lo fa puntando sulle sue storiche capacità, che rendono l’economia italiana capace di fronteggiare gli shock avversi: il basso indebitamento del settore privato, l’elevata vita media residua dei titoli pubblici, i progressi sul fronte della qualità degli attivi, dell’adeguatezza patrimoniale e della liquidità delle banche, i rischi di liquidità contenuti dell’industria del risparmio gestito, il miglioramento della posizione netta con l’estero. È quanto sostiene Banca d’Italia Rapporto sulla stabilità finanziaria del Paese, una sorta di bollettino di guerra in questa fase così difficile per l’Italia, alle prese con l’emergenza sanitaria ed economica. “Considerando la natura temporanea dello shock e delle misure di bilancio espansive di contrasto, un loro graduale rientro dovrebbe mantenere sostanzialmente inalterate le condizioni per la sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio e nel lungo periodo”, rassicura Bankitalia.
Il fabbisogno delle imprese è coperto
Detto questo è ovvio che, come in tutti i Paesi del mondo, il rischio per la stabilità finanziaria è in significativo aumento. Del resto non dobbiamo dimenticarci che la crisi post-Covid-19 ha colpito e colpirà il sistema-Italia mentre era già in corso un rallentamento dell’attività economica, giacché il Pil dell’ultimo trimestre del 2019 era già in segno negativo (-0,3%). Le imprese, tuttavia, affrontano la sfida con una struttura finanziaria migliore rispetto a quella della doppia recessione post crisi finanziaria 2008-2009 e post crisi del debito 2012-2013. Alla vigilia dell’epidemia, la leva finanziaria delle imprese era diminuita, i margini di redditività avevano raggiunto un livello storicamente elevato e le scorte di liquidità erano ampie, ricorda l’Istituto. Secondo le stime, tra marzo e luglio, le attività produttive cumuleranno un fabbisogno di liquidità pari a circa 73 miliardi, cui però occorre sottrarre i 24 miliardi della moratoria per le Pmi, cosa che farebbe scendere il fabbisogno a 59 miliardi. Le misure varate dal Governo con il dl 23/2020, tra cui la possibilità di accedere a nuovi prestiti garantiti dallo Stato, consentiranno di coprire il fabbisogno residuo per oltre il 90% delle imprese. Il rimanente deficit, pari a circa 10 miliardi, sarebbe in larga parte ascrivibile alle imprese che non possono accedere alle garanzie statali giacché all’inizio del 2020 avevano già debiti classificati come deteriorati.
Banche e assicurazioni sono resilienti
Anche le banche risultano più solide e in una posizione migliore rispetto alla crisi del 2008, anche se, precisa Bankitalia, non è improbabile il ricorso a rettifiche per 15 miliardi di euro. A fine 2019 le banche italiane avevano 147 miliardi di crediti deteriorati, pari al 6,7% del totale dei prestiti: nel corso dell’anno passato si erano già sbarazzate di circa 31 miliardi di crediti problematici. Per quanto riguarda il settore assicurativo, spesso poco considerato ma che invece sostiene gran parte del sistema economico, il forte calo dei prezzi delle attività finanziarie e l’aumento della loro volatilità hanno inciso sulla posizione di solvibilità delle imprese assicurative. Le stime di Banca d’Italia indicano in effetti che la flessione delle quotazioni azionarie e l’ampliamento degli spread creditizi sui titoli di debito hanno comportato una riduzione media del valore delle attività delle compagnie italiane pari al 7%. Le plusvalenze implicite nette dei titoli in portafoglio registrate nel bilancio sono diminuite ben del 39%. L’indice di solvibilità medio del settore è sceso di 35% nel primo trimestre del 2020, a circa il 200%, rimanendo comunque ben al di sopra del minimo regolamentare del 100%.