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Pensione, quota 100 verso l’archiviazione

L’ha annunciato pochi giorni fa il premier Giuseppe Conte: l’esperimento non verrà rinnovato. La Ragioneria generale dello Stato e la Corte dei Conti analizzano il bilancio previdenziale e l'impatto della misura sulla spesa pensionistica. E intanto si apre il dibattito su come garantire comunque una certa flessibilità in uscita dal mondo del lavoro

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha messo definitivamente in soffitta l'esperimento di quota 100. “Si è trattato di un progetto di riforma triennale che suppliva a un disagio sociale che si era venuto a creare, quello di persone che si sono viste allontanare di molti anni la finestra pensionistica”, ha affermato nei giorni del Festival dell'Economia. “Scadrà l'anno prossimo – ha proseguito – e non è all'ordine del giorno il suo rinnovo”.
Fortemente voluta dalla Lega di Matteo Salvini, la misura è stata approvata nel 2019 e consente di andare in pensione con cinque anni di anticipo rispetto a quanto previsto dalla precedente legge Fornero. La norma, come recita il decreto legge n. 4/2019, varrà “in via sperimentale per il triennio 2019-2021”. E, nello specifico, consente fino al termine del prossimo anno di andare in pensione ai lavoratori che abbiano 62 anni di età e 38 anni di contributi (62 + 38 = 100, da qui il nome quota 100). La misura è stata finanziata con un fondo di 3,9 miliardi di euro per il 2019, 8,3 miliardi per il 2020 e 8,6 miliardi per il 2021. Secondo le previsioni della Lega, la misura avrebbe coinvolto una platea complessiva di circa 400-500mila lavoratori.
A quasi tre anni dall'entrata in vigore, l'esperimento si è rivelato un flop: stando ai numeri della relazione annuale dell'Inps dello scorso anno, quota 100 non ha sfondato. “Complessivamente alla fine del mese di giugno sono pervenute 154.095 domande”, aveva affermato nel luglio del 2019 il presidente Pasquale Tridico. Seguendo questo trend, aveva proseguito, “alla fine dell'anno il numero atteso delle pensioni in pagamento sarà pari a circa 205.000”, ossia il 29% in meno di quanto preventivato. Le domande avevano registrato una leggera accelerazione nei mesi successivi, senza tuttavia raggiungere le aspettative del legislatore. A gennaio, sentito in un'audizione alla Camera, Tridico aveva affermato che le richieste pervenute all'istituto alla fine dell'anno erano 229mila. Tra gennaio e maggio, stando a un'altra audizione alla commissione Lavoro del Senato, erano state presentate altre 43mila domande e si era registrato un progressivo calo mese su mese. Lo scarso numero di adesioni ha consentito di raggiungere risparmi significativi rispetto a quanto preventivato: un dossier dell'Ufficio parlamentare di bilancio, pubblicato nel dicembre dello scorso anno, aveva portato il costo della misura a 2,6 miliardi di euro per il 2019 e a 5,9 miliardi per il 2020.
Eppure, nonostante i risparmi, il bilancio previdenziale resta sotto pressione. Nel 2020, secondo il rapporto della Ragioneria generale dello Stato, la spesa pensionistica raggiungerà il picco record del 17% del Pil anche a seguito del previsto rallentamento dell'attività economica dovuto al emergenza coronavirus. Lo scostamento per il prossimo decennio è in rialzo dello 0,8% rispetto alle previsioni dello scorso anno. E la spesa correrà sopra la soglia del 16% del Pil fino al 2050, per poi scendere attorno al 13% con l'esaurimento delle pensioni dei baby boomers. La tendenza, secondo un'analisi della Corte dei Conti, sarebbe dettata anche dagli effetti di quota 100: a detta dei magistrati contabili, la misura sarebbe infatti insostenibile nel lungo periodo. “In un sistema pensionistico a ripartizione e in cui la maturazione del diritto a pensione prescinde dal regolare versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, va verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e agli effetti che sulla adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente”, si legge nel rapporto curato dalla Corte dei Conti. “In un sistema previdenziale che eroga ancora gran parte delle prestazioni a elevata componente retributiva – prosegue la Corte – misure ampliative della spesa attraverso l’anticipo dell’età di pensionamento rispetto a quella ritenuta congrua con l’equilibrio attuariale e intergenerazionale, il blocco dell’indicizzazione dell’età di uscita dal lavoro alla speranza di vita e la reintroduzione del sistema delle finestre, comportano sia esigenze di cassa immediate (tipiche, come detto, di un meccanismo a ripartizione), sia debito implicito, in quanto la componente retributiva del trattamento non viene corretta per tener conto della maggiore durata della prestazione”. A ciò si aggiunge poi il fatto che, sempre secondo il rapporto, fra il 2000 e il 2019 l'Inps avrebbe perso 140,6 miliardi di euro di crediti contributivi. Tutti numeri che pongono in serio dubbio la sostenibilità a lungo termine di un istituto che a maggio, quando si stava uscendo dal lockdown, registrava un rosso di 36 miliardi di euro.
Secondo alcuni analisti, l'archiviazione di quota 100 va inserita nel più ampio confronto fra Italia e Unione Europea per la concessione delle risorse del Recovery Fund. La decisione del premier Giuseppe Conte, in altre parole, andrebbe letta come un gesto distensivo verso un'Europa, da sempre attenta ai nostri conti, che poco entusiasmo aveva manifestato per la riforma previdenziale. Intanto, però, il legislatore sarebbe già al lavoro per garantire comunque flessibilità in uscita ed evitare la creazione di un nuovo scalone pensionistico. Sul tavolo ci sarebbe già l'ipotesi di un'uscita differenziata dal mondo del lavoro: 62-63 anni per chi è impiegato in attività gravose, 63-64 anni per tutti gli altri che andrebbero però incontro a maggiori penalizzazioni. C'è chi propone quota 102, adottando un approccio simile a quello di quota 100 (64 anni di età e 38 anni di contributi) che comporterebbe un taglio del 2,8-3% all'assegno previdenziale, e chi prospetta un'estensione dell'ape social ai lavoratori fragili messo a serio rischio dal Covid-19. Completano il tavolo l'estensione di quota 41 a tutti i lavoratori, la creazione di un pensione contributiva di garanzia per i giovani, un sistema ad hoc per le donne e la staffetta generazionale.