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Fonte immagine: Osarugue Igbinoba - Unsplash

Se l’AI diventa l’ortopedico di domani

Può un’intelligenza artificiale imitare la natura delle ossa umane per ripararle meglio e più velocemente? È quello che stanno sperimentando alcuni scienziati alla ricerca di un materiale sintetico e biomimetico progettato da un programma che grazie alla stampa 3D potrebbe riprodurre al meglio la composizione di alcune parti dello scheletro

Un team scientifico dell’Università Urbana-Champaign dell’Illinois sta sperimentando un algoritmo di apprendimento automatico basato sull’intelligenza artificiale che permetta la produzione in 3D di un materiale capace di riprodurre il modello naturale delle ossa, in particolare della loro parte spongiosa, tipica delle estremità delle ossa lunghe, come il femore o la tibia. La conformazione di queste parti di osso (trabecolare) è simile a una spugna: questa qualità conferisce elasticità e una maggior capacità di resistere ai traumi ma, contemporaneamente, facilita la formazione di edemi da impatto o compressione eccessiva che, se non curati correttamente o recidivi, possono modificare la forma dell’osso stesso o indebolirlo fino alla necessità di una protesi.

Una sfida ingegneristica 

Da più di dieci anni si utilizzano materiali biomimetici che imitano l’aspetto spugnoso dell’osso, ma i ricercatori che hanno pubblicato l’articolo su Nature Communications ora mirano a utilizzare l’AI per riprodurre la conformazione in modo sempre più accurato. Per fare questo, è necessario che il materiale utilizzato sia in grado di produrre microstrutture disordinate, cioè dei microblocchi stampati che s’incastrino adattandosi ai vincoli meccanici delle ossa. La sfida è progettare una struttura irregolare, come quella della spongiosa ossea, appunto, ma che abbia proprietà di sostegno, robustezza ed elasticità costanti: come avviene in natura anche per altre formazioni ingegneristiche, come i formicai o i termitai, fatti di minuscoli e numerosissimi cunicoli.

Un metodo fatto di ottimizzazione e crescita 

I ricercatori hanno quindi sviluppato un “framework computazionale generativo che guida un processo di crescita virtuale per produrre materiali con microstrutture eterogenee e disordinate”, con proprietà di resistenza agli stress. Il framework è costituito da due componenti interconnesse: un “ottimizzatore delle proprietà del materiale” e un “simulatore di crescita virtuale”. L’ottimizzatore delle proprietà, spiega l’articolo, valuta quale parte della struttura debba essere piena o vuota e determina le combinazioni di frequenza ottimali dei blocchi. Queste informazioni definiscono anche le proprietà che dovrà avere il materiale, in particolare la cosiddetta “elasticità direzionale”, per quella specifica parte che si vuole costruire. Il simulatore di crescita virtuale facilita l’integrazione senza soluzione di continuità delle microstrutture disordinate con le differenti proprietà, ottenute tramite diverse combinazioni di frequenza dei blocchi. Il modello di apprendimento automatico mappa queste combinazioni di frequenza e di proprietà del materiale e l’ottimizzatore perfeziona la struttura secondo la distribuzione desiderata e quindi capace di resistere agli stress di un vero osso umano.

Dalla teoria alla pratica 

Con questo metodo, sono convinti i ricercatori, il framework “genera materiali funzionalmente graduati in un modo analogo a come sono costruiti i sistemi biologici”. Le reazioni della comunità scientifica al lavoro teorico dell’equipe di ricerca sono state di vigile interesse: si tratta però di capire come passare da un modello computerizzato, realizzato in condizioni virtuali, quindi ideali, alla creazione effettiva di questo materiale. Gli autori, intanto sono alla ricerca di un team medico sul campo per passare a una fase di test delle possibilità di applicazione del loro modello.