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L’intelligenza artificiale sfida l’umanità

I supercomputer potenziano le facoltà umane in tutti gli ambiti. Così per il mercato del lavoro si profila una nuova rivoluzione industriale dall’impatto sociale per nulla scontato

Una stella e otto pianeti che le ruotano attorno. La Nasa ha annunciato la scoperta di un sistema solare molto simile a quello terrestre. Il merito non va direttamente a nessun uomo, ma alla tecnologia dell’intelligenza artificiale fornita da Google, che ha permesso all’Agenzia spaziale americana di analizzare l’immenso archivio di dati ottenuti dal telescopio Kepler. È solo un esempio di come gli elaboratori di ultima generazione possano superare le facoltà umane e trasformarsi in superuomini. In medicina, i sistemi di intelligenza artificiale vengono addestrati al riconoscimento di malattie, come i tumori, grazie alla comparazione di migliaia di immagini cliniche. In archeologia, c’è chi pensa all’intelligenza artificiale per decifrare i geroglifici. In musica, un computer ha elaborato il primo album black metal, considerato dalla critica un’opera di tutto rispetto. Nella telefonia mobile, sono già in commercio gli smartphone dotati di chip intelligenti capaci di ottimizzare lo scatto di fotografie grazie al riconoscimento del tipo di soggetto inquadrato. Eppure dietro tutte queste applicazioni entusiasmanti si nasconde una minaccia: i sistemi possono fare il lavoro di centinaia di lavoratori allo stesso tempo. 


L’impatto sull’occupazione
Il futuro del pianeta sembra legato strettamente all’evoluzione dell’intelligenza artificiale. A lanciare l’allarme sono eminenti esponenti del mondo scientifico internazionale. Come l’astrofisico Stephen Hawking che ha più volte evidenziato che dalla perdita di milioni di posti di lavoro possa persino essere distrutta la nostra economia e società. Uno studio di Carl Benedikt Frey e Michael Osborne della Oxford University ha previsto che il 47% dei posti negli Usa è ad alto rischio. A livello globale, il World economic forum ha previsto la perdita di oltre 5 milioni di posti nei prossimi anni. Allo stesso tempo, una ricerca Gartner stima che già nel 2020 l’intelligenza artificiale creerà più posti di quanti ne distruggerà: 2,3 milioni, contro 1,8 milioni di posti a livello globale, con un saldo positivo di 500 mila posti. Nel 2025, l’intelligenza artificiale creerà due milioni di posti di lavoro in più. A sorpresa quindi l’impatto occupazione potrebbe essere persino positivo. A trainare la domanda di nuovi posti di lavoro sarà il settore pubblico, l’assistenza sanitaria (l’intelligenza artificiale aiuta i medici a elaborare diagnosi) e l’istruzione. A perdere invece ci sarà soprattutto il settore produttivo anche se l’uso di intelligenza artificiale non deve essere confuso con la perdita di posti di lavoro per l’introduzione di nuovi robot. Il settore legale sembra essere particolarmente esposto all’evoluzione delle nuove tecnologie. Una analisi di McKinsey ha stimato che il 22% del lavoro degli avvocati e il 35% di quello degli assistenti potrebbe essere automatizzato. Technology Review, la rivista del Mit, ritiene che attraverso l’intelligenza artificiale si possono analizzare milioni di documenti, note legali e resoconti di cause per trovare quelli più appropriati a preparare un caso. A rischio ci sarebbe il lavoro di tutti i giovani laureati e avvocati associati. Non a caso, JPMorgan utilizza un software chiamato ’Contract Intelligence’ che in pochi minuti fa il lavoro per cui servivano 360 mila ore l’anno di lavoro umano. È evidente in questo modo la convenienza ad assumere meno collaboratori in studio, soprattutto alla luce della diffusione dei dati online, che facilita proprio il compito delle macchine. Tutto ciò che è ripetitivo sembra inesorabilmente destinato a passare dagli uomini ai computer.