Risparmio gestito, il lavoro è un rebus
Secondo Massimo Guidolin, docente dell'università Bocconi, nell’asset management crescono sia la domanda che l'offerta di professionisti. Tuttavia, l’incontro nel mercato non è scontato. Pesano il rischio della Brexit e della ciclicità della domanda
L’asset management è un settore in espansione che attrae sempre più studenti universitari. In questo contesto, Assogestioni ha promosso la seconda edizione del progetto Il tuo Capitale Umano, il programma che si propone di avvicinare i giovani a una carriera nel risparmio gestito. il programma dell’iniziativa ha previsto un calendario di incontri nei principali atenei d’Italia, tra le Sgr e neolaureati e laureandi con competenze di tipo gestionale, economico, giuridico e quantitativo. Il Salone del risparmio è stata l’occasione per dare consigli, a laureandi e neolaureati, su come affrontare i colloqui con le aziende partecipanti. Interessanti spunti di riflessione sono stati offerti da Massimo Guidolin, professore dell’università Bocconi, dove è direttore di un programma magistrale in Finanza, che il Financial Times ha collocato tra i primi dieci nella categoria pre-experience.
L’incognita della Brexit
Al crescere del mondo in cui gli studenti definiscono le proprie qualifiche, cresce anche l’offerta di lavoro destinata primariamente al risparmio gestito. Tuttavia, ha sottolineato Guidolin, non è scontato che domanda e offerta si incontrino in questo mercato, nonostante l’espansione in corso. Ci sono infatti dei rischi da non sottovalutare. Il primo è la ciclicità della domanda corporate: anche se attualmente continua ad assorbire laureati, non si può dare per scontato che questo possa continuare nel prossimo futuro. Attualmente, parte dei profili di quantitative analyst sono assorbiti da settori risk in espansione. Pesa inoltre l’incognita Brexit, che si associa alle più stringenti regolamentazioni europee: tutto questo sta limitando e restringendo la domanda di profili S&T. Da questo punto di vista l’esperienza della Bocconi, tra il 2013 e il 2016, ha visto un collocamento di un laureato su cinque (il 19%) nell’asset management, con contratto a tempo pieno, con un ruolo crescente delle grandi aziende.
Il valore della aziende più piccole
A livello di domanda, ci sono diverse caratteristiche che distinguono il livello corporate. Prima di tutto le aziende domandano profili più giovani rispetto alla media del mercato. Allo stesso tempo chiedono una maggiore corrispondenza tra titolo di studio accademico con la posizione vacante in azienda. Inoltre la permanenza del neo dipendente è strettamente legato alla qualità del suo apprendimento sul lavoro. Quanto alla specializzazione tecnica, il mercato si divide: la richiesta più alta viene dal trading, structuring e risk management, mentre è più bassa a livello corporate. Per Guidolin, è invece difficile collocare i profili a contenuto legale. I giovani studenti sono più attratti dalle realtà imprenditoriali più grandi. Un errore, ha sottolineato Guidolin, perché i giovani devono cogliere le opportunità anche di aziende medio-piccole, che possono garantire buone opportunità di crescita e sviluppo personale. Infatti l’asset management è un lavoro che richiede esperienza sul campo, mentre la formazione del mondo accademico non può essere sufficiente. Per garantire competitività al settore, occorre che le aziende selezionino presto i giovani talenti. Guidolin ha sottolineato il valore degli stage: aiuta gli studenti a capire che una buona performance accademica non vuol dire necessariamente successo nel mercato del lavoro. In questa direzione, maggiori opportunità per i giovani possono derivare da una formazione il più possibile multi-tasking. Detto altrimenti, chi vuol occuparsi di rischi deve avere anche capacità di selezione del portafoglio di natura quantitativa e valutativa. Non vanno infine trascurate le opportunità che possono derivare dai settori del marketing, della strutturazione e in ambito legale.