L'immagine delle banche si cambia a scuola
Ad alti livelli di educazione finanziaria corrispondono alti livelli di reputation. Un legame, ormai comprovato dalle tante ricerche italiane ed estere e che, sempre di più, è all'attenzione anche del settore finanziario. Come è emerso nel corso del convegno organizzato a Roma da Febaf - dal titolo Banche, assicurazioni e finanza: come rispondere alle sfide dell’educazione finanziaria e della reputazione - dove ricercatori ed esponenti del mondo bancario e assicurativo hanno evidenziato la necessità di agire su vari fronti, in primis quello culturale.
Secondo un'indagine Consob, infatti, il 96% degli italiani non sa cosa vuol dire diversificare e, da una ricerca svolta per l'Ocse, risulta che il 28% della popolazione del Bel Paese è composto da analfabeti funzionali ovvero persone che non possiedono gli strumenti per capire e utilizzare ciò che leggono, ascoltano o apprendono.
Partire dalle scuole
Per tentare di colmare questo deficit si è partiti dalle scuole, come ha raccontato il giornalista e autore del volume, Banchieri, Beppe Ghisolfi, che gira gli istituti scolastici del Paese per spiegare i concetti dell’educazione finanziaria. “In italia c'è un bisogno molto forte di educazione”, conferma Ghisolfi. Un bisogno che, unito alla scarsa chiarezza, trasparenza e comprensione del linguaggio finanziario, incide fortemente sulla reputation del settore.
Analoga iniziativa è quella portata avanti dal Forum Ania-Consumatori nelle scuole, dove ha spiegato il presidente, Giacomo Carbonari, c’è un grosso problema di conoscenza. Le indagini svolte dal Forum evidenziano un forte gap tra la fiducia che il cittadino ha verso il proprio assicuratore e quella verso il settore in generale: in questo, banche e assicurazioni hanno “un ruolo genitoriale” che porta il Forum a realizzare le iniziative nelle scuole, in sinergia con altri soggetti, quali università e associazioni dei consumatori, perché, spiega Carbonari, “per aumentare il livello di education del settore dobbiamo interagire con gli altri stakeholder e uscire dal nostro isolamento”.
La reputazione incide sul business
Sull'altro versante, quello della reputation, tutti i settori si stanno muovendo, sia nella fase di costruzione che di protezione, agendo sulla prevenzione. Da un'analisi svolta dal Reputation Institute Italia, emerge infatti che, negli ultimi 40 anni, il valore delle aziende si è spostato dagli asset tangibili a quelli intangibili (corrispondente al 87% ovvero a 6 miliardi di euro di valore delle aziende), dimostrando che la reputazione è strettamente legata al business.
In particolare, nel settore finanziario, l'indagine effettuata per il 2018 su 350 aziende, evidenzia che, dal 2014, si è rotto il legame emotivo tra le istituzioni finanziarie e gli italiani: la reputation del settore, infatti, è scesa dal 66,1% al 59,9%.
Qui, spiega Fabio Ventoruzzo, direttore Reputation institute Italia, è necessario valorizzare il potenziale del canale degli owned media attraverso cui l'azienda (o il settore) racconta qualcosa di sé: questo, infatti, rappresenta uno strumento ancora poco sfruttato e quindi una grande opportunità da cavalcare.
Le aziende e la responsabilità sociale
E' questa, dunque, la nuova value proposition: abbinare il prodotto/servizio, considerati ormai una commodity, ad un contributo positivo che l'azienda può offrire: secondo le ultime evidenze, infatti le aspettative dei consumatori non sono più tanto al bene tangibile quanto alla correttezza del comportamento tenuto dall'azienda e alla capacità di farsi carico dei problemi della società, dando risposte concrete.
Tutto, però, deve partire da un rafforzamento culturale e informativo del consumatore che potrò ovviare a quel diverso approccio culturale che porta l'italiano a non voler diversificare, dando del mondo finanziario un'immagine diversa e più completa. Sono quattro i fattori che influenzano la reputation: l'esperienza diretta con la banca (consumer experience), che pesa per il 29,9% e fa aumentare la reputation del 13,6%; la campagna pubblicitaria svolta dall'azienda (paid media) che incide per il 33,4%; le occasioni di visibilità che derivano dall'attività di rete (earned media) e che pesano per il 35,9% sulla reputation; il racconto che il settore fa di sé e delle iniziative messe in campo (owned media) che impattano per il 28,3% e possono migliorare l'immagine dell'azienda o del settore del 10%.