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Pir, un traguardo a 88 miliardi di euro

A tanto potrà arrivare, secondo una ricerca di Prometeia, la domanda potenziale di piani individuali di risparmio nei prossimi tre anni

I Pir sono stati la grande novità dell’anno appena concluso. Introdotti con la legge di Stabilità 2017, i piani individuali di risparmio hanno attratto nuove risorse per 10,9 miliardi di euro, trascinando al rialzo anche un settore, quello del risparmio gestito, che ha chiuso il 2017 con una performance da 97,5 miliardi di euro. Altri quattro miliardi di euro sono arrivati da fondi pre-esistenti, portando il patrimonio complessivo dello strumento di risparmio a quota 15,8 miliardi di euro. Un successo inaspettato, visto che l’asticella posta alla vigilia dal Governo era stata fissata prudentemente ad appena 1,8 miliardi di euro. E che potrebbe riservare nuove sorprese anche nel prossimo futuro.
Secondo un recente rapporto della società di consulenza Prometeia, la domanda potenziale di Pir potrà infatti attestarsi in un intervallo compreso fra 33 e 88 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Calcolatrice alla mano, nella peggiore delle ipotesi, i piani potenziali di risparmio potranno replicare la performance registrata nel primo anno di attività. Viceversa, all’estremo opposto dello spettro di possibilità, i Pir potranno segnare una crescita fino a otto volte superiore quella realizzata nel 2017.
L’ipotesi di Prometeia si basa principalmente sul confronto diretto con prodotti simili che hanno visto la luce all’estero in passato, come gli individual savings account del Regno Unito, i tax free savings accounts del Canada o i plan d’épargne en actions della Francia. Pesa tuttavia anche il fatto che, sebbene i Pir abbiano canalizzato il 15% dei flussi investiti in risparmio gestito nel 2017, lo strumento appare ancora del tutto sconosciuto al grande pubblico.
I possessori si limitano al solo 1,4% della popolazione generale, contro l’8% dei Pea in Francia e il 5% degli Isa nel Regno Unito. E una larga ferra della popolazione sembra ancora completamente ignara della novità: il 44,8% degli italiani dichiara di non conoscere lo strumento, così come il 42,5% degli investitori. Facile intuire come a una miglior conoscenza del prodotto (e, più in generale, a una miglior cultura finanziaria) potrà corrispondere una più ampia diffusione dello strumento.
Anche perché, a giudicare dai numeri, un certo potenziale di domanda, c’è già. Il 4,3% della popolazione generale si dice interessato ad attivare lo strumento nei prossimi dodici mesi, così come 6,7% degli investitori. Percentuali ancor più elevate se ci si sofferma sulle fasce di popolazione ad alto reddito: il 12% degli investitori con reddito superiore a 100mila euro ha mostrato interesse per la novità.