Il Paese Italia: una scelta che conviene
ll tesoretto che potrebbe far ripartire l'economia del Paese ammonta a circa 230 miliardi di euro (fine 2017). Un patrimonio aggregato di fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni di origine bancaria, in crescita costante (+61% circa tra il 2007 e il 2017), che potrebbe essere investito sempre di più nell'economia reale, convogliando risorse direttamente al sistema produttivo, alle Pmi e alle infrastrutture nazionali.
È a partire da queste considerazioni che il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Borsa Italiana hanno promosso, a Roma, un incontro per illustrare i risultati del tavolo di lavoro, avviato nel 2018 tra gli investitori istituzionali italiani (fondi pensione, casse di previdenza, fondazioni di origine bancaria e mondo della finanza), con l'obiettivo di individuare i passi da compiere per tendere ad una “maturazione del sistema”.
Partendo da esperienze innovative, messe in atto da otto investitori istituzionali che già finanziano l’economia reale e racchiuse in un Quaderno, si sta ora valutando di aprire la discussione a imprenditori e manager delle Pmi italiane per capire come migliorare l’incontro di domanda e offerta di finanziamenti.
Cresce la voglia di investire nel Paese
Gli investimenti nell'economia reale sono un orizzonte dalle grandi potenzialità di crescita. Sul fronte del mercato, conferma Alessandra Franzosi, head of pension funds & asset Owners Borsa Italiana, l’ultimo biennio è stato da record per l'Aim, il segmento di Piazza Affari dove sono quotate le piccole e medie imprese: “su un totale di 61 Ipo, 51 hanno interessato il segmento Aim evidenziando quanto il tema sia più che mai attuale”.
Negli ultimi anni, sottolinea la dirigente, l’esposizione di fondi pensione, casse di previdenza e fondazioni di origine bancaria verso investimenti in economia reale è progressivamente aumentata. La possibilità di accedere a prodotti adatti alle specifiche esigenze dell’investitore è oggi più forte e cresce parallelamente alla volontà di investire nell’economia reale del Paese. Molti sono gli strumenti presenti sul mercato, tra cui i Piani individuali di risparmio (Pir), i Fondi di investimento alternativo (Fia) quotati, l’Elite Basket Bond, le Spac (Special purpose acquisition companies) e gli investimenti nel credito e nelle infrastrutture italiane.
Il fisco come volano
Per incentivare questo tipo di impieghi, significativo è stato il ricorso alle agevolazioni fiscali e normative. In particolare, la legge di bilancio per il 2019 prevede l’aumento dal 5 al 10% della soglia dell’attivo patrimoniale che le casse previdenziali dei liberi professionisti e i fondi pensione possono destinare a investimenti qualificati e a piani di risparmio a lungo termine. E, tra gli investimenti qualificati, vengono introdotte quote e azioni di fondi di venture capital italiani o europei.
Misure che stanno iniziando a dare i primi frutti, come ha raccontato Stefano Firpo, direttore generale per la politica industriale, la competitività e le piccole medie imprese del Mise. In particolare, il venture capital registra un maggiore interesse (600 milioni di euro) anche da parte dei soggetti esteri, soprattutto grazie agli incentivi fiscali alle start up; prende piede anche l'equity crowdfunding, spinto dal desiderio di sperimentare canali alternativi; le emissioni dei mini bond ammontano ormai a 25 miliardi, con 4 miliardi emessi da pmi; e crescono i Pir (piani individuali risparmio), agevolati da una misura di fiscalità generale - che il mercato ha accolto con favore (15 miliardi di euro di raccolta totale) - e da un nuovo intervento del governo inserito nella legge di bilancio, che sarà operativo a breve.
L'Italia però, secondo il rappresentante del governo, sconta ancora una duplice criticità; la scarsa quantità di risparmio “allocato nel motore della nostra crescita” (su un totale di 240 miliardi di euro, solo il 3% è investito e i fondi specializzati sono lo 0,1%), ma soprattutto la scarsa capacità di destinare in modo ottimale le risorse, laddove “mancano asset manager che sappiano allocare i fondi specializzati in modo intelligente”.
Diversificare e condividere
Dal confronto tra gli attori emerge che la scelta di investire nell'economia reale italiana deve essere sempre riconducibile agli obiettivi strategici dell’investitore istituzionale. In particolare, una delle necessità condivise da fondi pensione e casse di previdenza, sottolinea Franzosi, è quella di incrementare il grado di diversificazione dei portafogli: l’apertura ai cosiddetti investimenti alternativi potrebbe attestarsi intorno al 10-15%, cogliendo le opportunità offerte dagli strumenti non tradizionali. Ma ancor di più, gli investimenti in economia reale italiana cresceranno se si sceglierà la strada delle aggregazioni e del partenariato pubblico-privato: gli investitori dovranno abbandonare l’ottica del puro acquisto di prodotto, operando un cambio culturale nella definizione degli obiettivi strategici e nella realizzazione degli investimenti. Le storie raccolte nel Quaderno dimostrano l’importanza della condivisione e della partnership con tutti gli attori del sistema, incluse le istituzioni.
L’importanza del territorio
Nel corso dell'incontro - a cui hanno partecipato Enrico Cibati, responsabile direzione investimenti Cassa Forense, Emilio Giorgi, chief rick officer Fondazione Enpam, Giovanni Golinelli, responsabile finanza Enpacl, Alfredo Granata, direttore patrimonio Inarcassa, Teresa Greco, presidente fondo Bre Banca, Giuseppe Pagliarani, dg Byblos e Alessandro Stori, dg Fondenergia - sono state raccontate le otto scelte operate da fondi pensione e casse di previdenza.
Tra questi è emersa l'esperienza di Laborfonds, che ha investito, insieme alle province di Trento e Bolzano, in due Fia con focus regionale: il primo di private debt, il secondo di social housing che, spiega il dg Ivonne Forno, prevede la strutturazione e implementazione di iniziative immobiliari da locare a canone moderato alle famiglie del territorio del Trentino Alto Adige. Ai due Fia si aggiunge poi Green Energy Fund, focalizzato su progetti di energie rinnovabili. Tutti i fondi, sottolinea la dirigente, “hanno superato il rendimento del 3% e dimostrano come iniziative di aggregazione e di sistema possono fare la differenza”.