Un futuro da camerieri e commessi: Italia incapace di creare lavoro di qualità
La doccia fredda per chi sperava che la crescita vista negli anni scorsi proseguisse è arrivata direttamente per bocca del presidente del consiglio Giuseppe Conte: l’Italia è alla vigilia di una nuova recessione. Si tratta forse di un ritorno alla realtà se si osservano i risultati di studi come il 2° Rapporto sul welfare aziendale, pubblicato recentemente dal Censis e realizzato in collaborazione con Eudaimon. Uno spaccato impietoso sui limiti di un Paese che fatica a tornare attrattivo per i giovani (che infatti pensano sempre più a cercare migliori opportunità all’estero) e che continua ad arrancare nel confronto con il resto d’Europa. L’Italia, infatti, crea meno posti di lavoro degli altri Paesi europei. Negli ultimi dieci anni (2007-2017) il numero di occupati in Italia è diminuito dello 0,3%, è invece aumentato in Germania (+8,2%), Regno Unito (+7,6%), Francia (+4,1%) e nella media dell’Unione europea (+2,5%). Nel Sud il tasso di occupazione è pari al 34,3% (2,9 punti percentuali in meno rispetto al 2007), al Centro è al 47,4% (lo 0,4% in meno), nel Nord Ovest al 49,7% (l’1,1% in meno), nel Nord-Est al 51,1% (l’1,3% in meno).
In Italia, nel 1997, i 15-34enni rappresentavano il 39,6% degli occupati; nel 2017 sono scesi al 22,1%. Le persone con 55 anni e oltre erano il 10,8%, ora sono il 20,4%. I lavoratori anziani hanno un’alta presenza nella pubblica amministrazione (il 31,6% del totale, con una differenza di 13,5 punti percentuali in più rispetto al 2011) e nei settori istruzione, sanità e servizi sociali (il 29,6%, il 7,4% in più). I Millennials invece sono più presenti nel settore alberghi e ristoranti (39%) e nel commercio (27,7%).
Aumentano le diseguaglianze
Rispetto al 1998, nel 2016 il reddito individuale da lavoro dipendente degli operai è diminuito del 2,7% e quello degli impiegati è sceso del 2,6%, mentre quello dei dirigenti è aumentato del 9,4%. Nel 1998 il reddito da lavoro dipendente di un operaio era il 45,9% di quello di un dirigente ed è sceso al 40,9% nel 2016. Quello di un impiegato era il 59,9% di quello di un dirigente e si è ridotto al 53,4% nel 2016. Le retribuzioni da lavoro dipendente degli impiegati sono sempre più schiacciate su quelle degli operai e sempre più distanti da quelle dei dirigenti. E chi lavora, lavora sempre di più. Il 50,6% dei lavoratori afferma che negli ultimi anni si lavora di più, con orari più lunghi e con maggiore intensità. Sono 2,1 milioni i lavoratori dipendenti che svolgono turni di notte, 4 milioni lavorano di domenica e nei giorni festivi, 4,1 milioni lavorano da casa con e-mail e altri strumenti digitali oltre l’orario di lavoro, 4,8 milioni lavorano oltre l’orario senza il pagamento degli straordinari. Gli effetti patologici dell’intensificazione del lavoro sono rilevanti. A causa del lavoro, 5,3 milioni di lavoratori dipendenti provano i sintomi dello stress (spossatezza, mal di testa, insonnia, ansia, attacchi di panico, depressione), 4,5 milioni non hanno tempo da dedicare a se stessi (per gli hobby o il riposo), 2,4 milioni vivono contrasti in famiglia perché lavorano troppo.