Una minaccia che viene dal cielo: i mini-droni
I droni (UAV-Unmanned Aerial Vehicle ossia veicolo aereo senza equipaggio) rappresentano un rischio reale per la sicurezza pubblica che non si può sottovalutare e che richiede strategie di contrasto molto specifiche. Una recente analisi del Cesi (Centro Studi Internazionali) condotta da Paolo Crippa, esperto di strategia militare e industria della difesa, dal titolo “Droni civili contro obiettivi sensibili e infrastrutture critiche: una nuova tipologia di minaccia”, mette in luce tutti i profili di rischio associati a questi dispositivi partendo dai due episodi avvenuti negli scali britannici e traccia un futuro in cui lo studio di tecnologie di contrasto dovrà coinvolgere non solo le forze militari ma anche l’industria civile.
L’intrusione negli aeroporti londinesi
Lo scorso dicembre il traffico aereo dell’aeroporto di Londra-Gatwick è stato interrotto per oltre 36 ore per via dell’intrusione di un numero imprecisato di velivoli a pilotaggio remoto (APR-UAV) di piccole dimensioni, penetrati all’interno dell’area aeroportuale. Le intrusioni all’interno dello spazio aereo di Gatwick hanno causato la cancellazione di oltre 800 voli e costretto a terra più di 140.000 passeggeri con un danno economico stimato intorno ai 25 milioni di dollari. Ma questo non è stato l’unico episodio di intrusione di droni negli spazi aerei UK. Pochi giorni dopo anche Heathrow è stato ripetutamente attaccato da questi velivoli costringendo al blocco del traffico aereo per oltre un’ora. Entrambi gli episodi hanno costretto a rivedere e aggiornare tutti i sistemi di sicurezza pubblica convenzionali ritenuti non più adeguati a far fronte a questa nuova minaccia.
Una lezione fondamentale per i sistemi di sicurezza
Questo evento ha messo in luce la sostanziale impreparazione dei dispositivi di sicurezza dell’aeroporto inglese ad affrontare questa tipologia di attacco.
“Le intrusioni di droni negli aeroporti londinesi – riporta l’analisi Cesi - rappresentano case-study preziosi, non solo per la Gran Bretagna, ma per tutte le forze di sicurezza del mondo occidentale dal momento che contengono lezioni fondamentali per l’adeguamento dei sistemi di sicurezza al continuo evolversi delle minacce”.
Dopo aver dispiegato 20 squadre di agenti, che non sono riusciti a individuare e a identificare i velivoli, le forze di polizia avevano richiesto l’intervento dell’Esercito. I militari, accanto al supporto logistico, hanno fornito alcuni sniper al fine di individuare e neutralizzare gli aeromobili ostili in maniera convenzionale. Tuttavia, l’ipotesi di abbattere i velivoli era stata accantonata, a fronte dei rischi derivanti da una possibile caduta di proiettili, nonché dell’eventuale drone colpito (che avrebbe potuto eventualmente trasportare esplosivo), all’interno del centro abitato circostante.
Rischi e insidie per la popolazione
“I mini-droni hanno infatti un profilo di rischio estremamente specifico che richiede precise strategie di contrasto”, commenta l’esperto del Cesi - I droni di piccole dimensioni risultano infatti difficilmente identificabili, dal momento che dispongono di una firma radar estremamente ridotta”. A questo si aggiunge che possono essere reperiti sul mercato molto facilmente e addirittura costruiti in casa seguendo dei tutorial diffusi in Rete. Possono essere pilotati anche da grande distanza e le geo-fences possono essere facilmente disabilitate tramite software anche da soggetti sprovvisti di competenze informatiche specialistiche.
Rappresentano un rischio in quanto possono trasportare sostanze nocive che fatte esplodere sulla folla potrebbero causare stragi di immani dimensioni. Ma il fatto che trasportino materiale pericoloso o meno può diventare solo una parte della storia. Se lanciati contro un aeromobile in volo durante le fasi di decollo o di atterraggio possono causare seri danni al velivolo e comprometterne la stabilità e il volo. “Anche il semplice sospetto che un mini-UAV possa costituire una minaccia (trasportando ad esempio un ordigno o del materiale radioattivo), può generare panico tra la folla, innescando dinamiche di irrazionalità collettiva difficilmente controllabili”, sottolinea Crippa. Immaginiamo cosa potrebbe succedere se questi droni sorvolassero minacciosamente uno stadio gremito di persone o una folla radunata per un evento musicale.
Serve collaborazione tra sicurezza pubblica e privata
Nonostante, ad oggi, gli episodi di reale pericolo derivanti dall’intrusione di mini-UAV abbiano riguardato un numero estremamente esiguo di casi, è lecito pensare che, nel breve-medio periodo, contrastare questa tipologia di minaccia possa diventare una priorità.
“Sul fronte tecnologico – prosegue Crippa - oggi le principali industrie della difesa, ma anche un nutrito network di piccole e medie aziende e start-up, stanno cercando di adeguare la propria offerta per rispondere ad una domanda in rapida ascesa”.
Al fine di fornire una risposta efficace a garantire la sicurezza non solo delle infrastrutture critiche, ma anche di obiettivi civili particolarmente sensibili (come avvenimenti pubblici, manifestazioni, concerti o summit internazionali) “risulta indispensabile favorire la creazione di sinergie tra gli apparati di sicurezza pubblica e privata e il mondo delle aziende, attraverso la regia delle istituzioni nazionali”, conclude Crippa.
Elvira e Max, radar anti drone
Sino a poco tempo fa i radar in grado di rilevare “piccoli oggetti volanti non cooperativi” erano appannaggio quasi esclusivo di società che avevano precedentemente sviluppato radar militari tradizionali per il rilevamento degli aeromobili, con un costo e una potenza poco adatti per il campo civile.
“Robin Radar Systems, azienda olandese, ha sviluppato due prodotti innovativi di grande efficacia: Elvira, concepito espressamente per gli UAV, e Max, originariamente progettato come radar ornitologico aeroportuale e successivamente trasformato per rispondere anche all’esigenza di contrasto degli UAV” riporta l’analisi Cesi.
Il primo, Elvira è un prodotto specificamente ideato per il rilevamento e il monitoraggio degli UAV permette di ridurre al minimo i tempi di allarme in presenza di droni in avvicinamento da qualsiasi direzione, consentendo di reagire in tempi brevissimi. E’ estremamente versatile ed è composto da un sistema radar integrato con un software intelligente che può operare anche in condizioni di scarsa visibilità, all’interno di aree urbanizzate, in presenza di ostacoli fissi o in movimento, e in condizioni di inquinamento elettromagnetico. Il dispositivo inoltre, è efficace sia contro singoli aeromobili a pilotaggio remoto, sia contro sciami, siano essi teleguidati o programmati per il volo autonomo senza operatore.
Max è un sistema a sensore singolo che offre informazioni tridimensionali su tutti gli uccelli (e i velivoli di piccole dimensioni) nell'ambiente circostante, con un raggio di copertura esteso fino ad un’altezza di circa 1.000 metri.
La soluzione made in Italy
Anche in Italia le aziende hanno sviluppato delle soluzioni innovative per contrastare la minaccia dei droni con intenzioni malevole. Le soluzioni proposte nel nostro Paese sono due: il Falcon Shield sviluppato nel 2015 da Selex Es (oggi confluita in una delle divisioni di Leonardo) e il sistema Adrian (Anti DRone Interception Acquisition And Neutralization) del gruppo Elettronica.
Il primo, Falcon Shield, consente il rilevamento della minaccia in modalità multispettrale e, attraverso l’integrazione di una capacità di attacco elettronico, permette di acquisire il controllo di un drone e di condurlo a terra in modo sicuro. E’ stato utilizzato dalla Royal Air Force in risposta all’allarme droni nei due aeroporti londinesi.
Il secondo, Adrian, è stato appositamente ideato per l’impiego all’interno di aree particolarmente affollate, come possono essere piazze, stadi, aeroporti o altri obiettivi sensibili con il fine specifico di ridurre sensibilmente i rischi relativi al precipitare del velivolo colpito a terra.