conte-bis-per-s-p-e-un-segnale-positivo

Conte bis, per S&P è un segnale positivo

La formazione del nuovo governo, che disinnesca la componente sovranista più spinta, potrà agevolare l’Italia sulla strada delle riforme strutturali e del dialogo con le istituzioni comunitarie. Occhio però al Pil e al rialzo della disoccupazione

Secondo S&P Global Ratings, il nuovo governo italiano potrebbe apportare importanti cambiamenti politici, soprattutto guardando alla difficile situazione che si prospetta per la finanza pubblica nel prossimo anno. L’agenzia di rating, tuttavia, lascia il proprio giudizio invariato, in attesa di capire se davvero la nuova coalizione tra Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico potrà sostenere le iniziative del governo guidato ancora dal premier Giuseppe Conte.

Un potere negoziale maggiore 

S&P giudica comunque positivamente la formazione del governo, in primis perché evita il ricorso a nuove elezioni appena un anno dopo le precedenti, eventualità che, specifica la casa americana, avrebbe ridotto i tempi, già limitati, per la negoziazione e l’approvazione della manovra economica per il 2020. Il nuovo governo potrà potenzialmente negoziare con le istituzioni europee obiettivi di bilancio più flessibili, in cambio di impegni su riforme strutturali che stimolino la crescita: “la nuova coalizione – continua il nota di S&P – potrebbe anche essere in grado di rafforzare il coordinamento tra l’Italia e le istituzioni dell’Ue sulle principali politiche strutturali”. Si veda ad esempio, la possibilità di incidere in una nuova stagione di riforme delle regole comunitarie, meno condizionate dall’austerity di questi ultimi anni. “A nostro avviso – precisano gli analisti –, qualora la coalizione durasse per l’intera legislatura, le nuove politiche del governo potrebbero migliorare il merito di credito dell’Italia”.

L’economia in chiaroscuro 

Nel secondo trimestre del 2019, la crescita del Pil dell’Italia è rallentata fino alla stagnazione. Sebbene questa performance sia migliore di quella di alcuni dei principali partner commerciali italiani, tra cui Germania e Regno Unito, è comunque notevolmente inferiore alla media Ocse dello 0,5%. S&P ricorda che l’economia italiana ha mostrato segnali contrastanti. Per esempio, nonostante la domanda più debole nel mercato auto e componenti in tutta Europa, le esportazioni italiane nella prima metà dell’anno sono aumentate di quasi il 3%. Inoltre, gli indicatori occupazionali erano favorevoli fino al giugno scorso, tanto da far calare il tasso di disoccupazione sotto la soglia psicologica del 10%.

Il peso dell’indebitamento 

Con un valore del 132%, il rapporto debito pubblico/Pil è il terzo più alto dell’area Ocse dopo Giappone e Grecia, ricorda S&P. “Tuttavia – dicono gli analisti – nella valutazione del merito di credito prendiamo in considerazione altri dati oltre a quelli del debito. Per esempio l’indebitamento privato e i livelli di risparmio”. L’indicatore più utile del merito di credito sovrano è in effetti la posizione esterna netta del Paese rispetto al resto del mondo, piuttosto che il rapporto debito/Pil. In questo caso, ragiona S&P, a partire dal primo trimestre 2019, la passività esterna netta dell’Italia è pari al 2,5% del Pil, dato che, confrontato con le altre Nazioni dell’Ue, pone il nostro Paese in una posizione migliore di Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.

Foto: governo.it