I rischi della supremazia quantistica
Nella notte fra il 19 e il 20 settembre lo Scientific and Technical Information Program, progetto istituito dalla Nasa per raccogliere, curare e diffondere le più recenti scoperte in ambito scientifico e aerospaziale, ha pubblicato sul proprio sito un nuovo paper. Lungo appena 12 pagine, l’articolo portava una firma generica (Google AI Quantum and collaborators) e un titolo assai enigmatico per i non addetti ai lavori: Quantum supremacy using a programmable superconducting processor. Il paper è rimasto online pochissimo. Giusto il tempo per consentire al Financial Times di scaricare il file e diffondere la notizia. E scatenare così quella che potrebbe rivelarsi una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’informatica (ma non solo).
Il paper riporta infatti i risultati di un esperimento realizzato da Google: come si legge nel report, il prototipo di un processore quantistico realizzato dal colosso di Mountain View avrebbe effettuato in poco più di tre minuti (200 secondi per la precisione) una procedura di campionamento quantistico che il supercomputer Summit della Ibm, considerato il computer più potente al mondo, avrebbe terminato in non meno di 10mila anni. Se le cose stanno davvero così, Google avrebbe raggiunto la cosiddetta supremazia quantistica, ossia una capacità computazionale di gran lunga superiore a quella dei tradizionali processori. “Per quello che sappiamo, questo esperimento segna il primo calcolo computazionale che può essere realizzato soltanto da un processore quantistico”, si legge nelle conclusioni del paper.
L’era dei computer quantistici
La locuzione supremazia quantistica è stata coniata nel 2011 da John Preskill, professore di fisica teorica al California Institute of Technology. E viene normalmente utilizzata nell’ambiente accademico per definire quello che potrebbe essere un punto di non ritorno nel mondo dell’informatica.
Il progetto di un computer quantistico nasce intorno agli anni ’80: l’idea è quella di creare un computer che sfrutti le leggi della meccanica quantistica per risolvere problemi altrimenti irrisolvibili (o risolvibili soltanto su enormi lassi temporali) per i processori tradizionali, che si basano sulla logica della fisica classica. I bit, unità base dei normali computer, lavorano infatti in una logica binaria che si traduce, nei fatti, in una successione di 0 e 1. Anche i qubit, ossia i bit quantistici, si manifestano nella forma di 0 e 1. Ma, a differenza dei semplici bit, sfruttano il principio di sovrapposizione fra strati quantistici per poter assumere contemporaneamente la forma di 0 e 1. Così facendo, possono raggiungere una potenza di calcolo di gran lunga superiore a quella dei normali processori.
Opportunità dell’innovazione
Le opportunità di una simile innovazione sono subito evidenti. Lo scorso maggio, tanto per citare un caso recente, un gruppo di scienziati guidato da Gordey B. Lesovik, leading researcher presso Moscow Institute of Physics and Technology, ha utilizzato un computer quantistico della Ibm in una simulazione per portare indietro nel tempo di un microsecondo una particella elementare.
Altre applicazioni, più concretamente, riguardano la ricerca in ambito chimico e farmacologico, con la realizzazione di simulazioni altamente strutturate che potrebbero portare alla scoperta di nuovi batteri e medicine. Computer quantistici potrebbero inoltre essere utilizzati per migliorare la filiera della supply chain e per analizzare più approfonditamente nuovi materiali. Le maggiori potenzialità risiedono tuttavia nell’ambito dell’innovazione: l’uso dei computer quantistici potrebbe infatti fornire la spinta necessaria allo sviluppo di tecnologie all’avanguardia come artificial intelligence e machine learning. È proprio per questo motivo che sempre più imprese e istituzioni stanno investendo nel settore. La Nasa, per esempio, sta collaborando con Google per sviluppare processori quantistici che possano aiutarla nella rilevazione e nella classificazione degli esopianeti. Compagnie come Jp Morgan e Daimler stanno testando i computer quantistici della Ibm. E società tecnologiche come Intel e Microsoft stanno contribuendo allo sviluppo del settore con un crescente impiego di investimenti.
Una tecnologia nelle mani sbagliate
I rischi, tuttavia, non mancano. E si concentrano principalmente sull’utilizzo che potrà essere fatto di una simile tecnologia se finisce nelle mani sbagliate. In particolare, nel settore della cyber security. Andrew Yang, imprenditore statunitense che si è recentemente candidato alle primarie del Partito Democratico, ha subito lanciato l’allarme. “È un grosso problema che Google abbia raggiunto una simile capacità di calcolo quantistico: significa, fra le altre cose, che ora nessun codice è inviolabile”, ha scritto su Twitter.
L’impressionante capacità computazionale di un processore quantistico potrebbe infatti essere utilizzata per violare la crittografia su cui si basano i nostri sistemi di sicurezza. Il pensiero corre subito all’algoritmo di Shor, procedimento matematico ideato nel 1994 da Peter Shor, all’epoca ricercatore presso i Bell Laboratories, che consente di fattorizzare un numero intero in numeri primi: se utilizzato su un computer quantistico, l’algoritmo potrebbe risalire rapidamente ai dati criptati che vogliamo proteggere.
Niente panico, niente euforia
Poste queste basi, non stupisce che l’annuncio abbia scatenato una diffusa euforia, gettando allo stesso tempo nel panico chi teme che una simile tecnologia possa finire nelle mani sbagliate. Reazioni forse eccessive, almeno per il momento: ci vorrà ancora parecchio tempo prima che i processori quantistici potranno avvicinarsi a quelle che si stima possano essere le loro capacità.
Innanzitutto, i timori per nostri sistemi di sicurezza appaiono decisamente esagerati. Il prototipo utilizzato da Google per l’esperimento, chiamato Sycamore, dispone di appena 54 qubit: secondo Jonathan Dowling, professore alla Louisiana State University, ci vorranno ancora “parecchi anni” e milioni di qubit di alta qualità per poter anche solo minacciare gli attuali sistemi di crittografia.
Anche la supremazia quantistica, nonostante l’annuncio, pare lontana dall’essere pienamente raggiunta. John Preskill, padre della fortunata locuzione che ha pure definito la notizia “un risultato impressionante della fisica sperimentale”, ha invitato tutti alla calma: la sfida fra Sycamore e Summit non è stata alla pari. “Il problema che la loro (di Google, ndr) macchina ha risolto con sorprendente velocità era stato scelto accuratamente con l’obiettivo specifico di dimostrare la superiorità dei computer quantistici”, ha affermato.
Resta poi il fatto che difficilmente un computer quantistico potrà diventare un oggetto di uso comune. Si tratta infatti di tecnologie costosissime che lavorano a temperature vicine allo zero assoluto (-273° C), continuamente soggette a errori che possono essere generati anche dalla più minima vibrazione o dal più impercettibile aumento delle temperature.
L’esperimento, in attesa di maggiori dettagli che possano (o meno) confermarne la portata, ha animato il dibattito di esperti e addetti ai lavori. Per Dowling, se anche questa non dovesse essere la volta buona, il cammino verso la supremazia quantistica appare quasi inevitabile. “Ormai è un traguardo che raggiungeremo, prima o dopo”. Sul tema, quasi come se fosse un presagio, si era soffermato anche William Oliver, professore all’Mit di Boston, nelle giornate dell’EmTech2019, prima ancora che venisse diffuso il paper di Google. “Il calcolo è già qui, sta avvenendo adesso, è uno sforzo globale”, aveva affermato. “La supremazia quantistica – aveva aggiunto – potrà essere comparabile al primo volo (dei fratelli Wright, ndr) a Kitty Hawk. Lo vediamo e diciamo: ‘Sì, questa è l’alba dell’aviazione’. Credo che per la supremazia quantistica sarà una cosa del genere”.