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Amazon si allea con il Pentagono?

Il colosso di Jeff Bezos è in prima linea per aggiudicarsi la commessa da 10 miliardi di dollari per il progetto Jedi, volto a fornire servizi cloud per il dipartimento della Difesa statunitense: così facendo, il gigante dell’e-commerce diventerebbe uno dei principali fornitori del governo a stelle e strisce

Amazon si candida a diventare uno dei principali fornitori del governo statunitense. Come ha ricostruito recentemente la Mit Technology Review, il gigante di Jeff Bezos sarebbe infatti in prima fila per accaparrarsi la commessa da ben 10 miliardi di dollari per la realizzazione del progetto Jedi, programma istituito per fornire servizi di cloud computing al dipartimento della Difesa a stelle e strisce. Sul piatto Amazon avrebbe messo tutte le competenze e le capacità della controllata Amazon Web Services (Aws), colosso del settore che fornisce servizi in cloud a società del calibro di Netflix, Airbnb, Dropbox, Slack e General Electric: nel 2018 la società ha registrato entrate per 25 miliardi di dollari, arrivando a coprire il 13% del giro d’affari complessivo del gigante del web e imponendosi come una delle sue principali fonti di profitto.
L’esito del bando dovrebbe essere pubblicato a breve. Il risultato sembra tuttavia scontato. Una mezza conferma è arrivata persino dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump lo scorso luglio, quando un giornalista, durante un breve scambio di battute nello studio ovale, aveva chiesto alcuni dettagli sui termini del bando. “Quale bando? Amazon?”, si era lasciato scappare il presidente. “Si tratta di un contratto enorme, uno dei più grandi mai realizzati sulla fornitura di servizi cloud e molte altre applicazioni”, aveva poi aggiunto.

Difesa e tecnologia
L’interesse del Pentagono per le nuove tecnologie non è certo una novità. Nel 1958, in risposta al lancio del satellite Sputnik da parte dell’Unione Sovietica, il dipartimento della Difesa arrivò persino a istituire un’agenzia per la ricerca di nuove tecnologie per uso militare. Si chiamava Advanced Research Projects Agency (Arpa), poi ribattezzata Defense Advanced Research Projects Agency (Darpa). Ed è tuttora uno dei principali centri di ricerca e sviluppo per tecnologie all’avanguardia. Molte innovazioni, poi diventate di uso comune, hanno avuto i natali proprio negli uffici del Pentagono: è qui, tanto per citare un caso famoso, che è nato Arpanet, quello che potrebbe essere considerato il padre dell’odierno Internet.
La ricerca in nuove tecnologie, come già accennato, prosegue. E si appoggia sempre più al contributo che può arrivare da operatori che poco e nulla, almeno apparentemente, hanno a che fare con sistemi di difesa e tecnologie militari. Qualche anno fa era per esempio uscita la notizia del Project Maven, oscuro programma per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito bellico che il Pentagono stava realizzando a braccetto con Google.

Tecnologie al servizio di altri
Il progetto Jedi, sigla che dietro il chiaro omaggio alla saga di Guerre Stellari nasconde la sigla burocratica Joint Enterprise Defense Infrastructure, prosegue proprio lungo questa riga. “Cosa succederebbe se sfruttassimo tutte queste incredibili soluzioni che sono state sviluppate da persone che non hanno nulla a che fare con il governo federale?”, si è chiesto l’eccentrico Chris Lynch, digital guru entrato al Pentagono tre anni fa per dare una rinfrescata all’ambiente, nel corso della presentazione del progetto. “Cosa succederebbe – ha proseguito – se dessimo sfogo a tutte queste capacità per contribuire alla difesa nazionale? Se sfruttassimo il mercato che ha sviluppato l’industria privata del cloud? Questo è Jedi”.
La filosofia della contaminazione è paradossalmente simile a quella di Amazon. Nel 2003, come ricorda la Mit Techology Review, due impiegati della società scrissero un paper in cui descrivevano un server virtuale standardizzato capace di fornire potenza computazionale, stoccaggio dei dati e infrastrutture informatiche su misura: pensarono che se funzionava per Amazon, allora sarebbe funzionato per tutti. E così la società entrò nell’era in cui non è necessario essere proprietario di un server per fare quello che si vuole: se non si hanno, si possono sempre prendere in affitto. E Amazon Web Services li offre.

Una vecchia conoscenza

La vittoria del bando per il progetto di Jedi non sarebbe una grossa novità per Amazon. Nel 2013, per esempio, la controllata Amazon Web Services aveva già stretto un accordo da 600 milioni di dollari con la Cia per la fornitura di servizi in cloud. Il software di rilevamento facciale Rekognition, sempre di proprietà di Amazon, viene utilizzato stabilmente da alcuni dipartimenti di polizia degli Stati Uniti. E nel 2018 il gruppo di Bezos ha rilevato Ring, società che produce campanelli per le abitazioni in grado di catturare immagini video: secondo Vice News, l'azienda fornisce già contenuti e servizi alla polizia locale. Insomma, Amazon è già una vecchia conoscenza per il governo federale degli Stati Uniti. E probabilmente adesso si prepara a un salto di qualità.
È in quest’ottica che vanno probabilmente lette certe attività di lobbying che Amazon sta portando avanti. Nel 2015 Bezos ha assunto in qualità di alto dirigente Jay Carney, ex addetto stampa del presidente Barack Obama. Più recentemente Jeff Miller, fundraiser di Trump, è entrato nelle fila di Amazon Web Services come lobbista. Mosse che potranno sicuramente servire a tenere sotto controllo le sempre più frequenti intemperanze del presidente Trump e a fugare ogni tentativo, ventilato da vari candidati democratici alle prossime elezioni presidenziali, di mettere mano alla legislazione antitrust per rompere il monopolio dei giganti del web. Ma anche a imporsi come un partner sempre più affidabile e autorevole per la fornitura di servizi al governo federale. “Amazon vuole neutralizzare e rimpiazzare i tradizionali fornitori del dipartimento della Difesa e diventare la Ibm del XXI secolo per il governo degli Stati Uniti”, ha affermato Stephen E. Arnold, specialista in intelligence e software di controllo.

Concentrazione e altri rischi
I competitor, tuttavia, non stanno a guardare. Nell’agosto del 2018, per esempio, la società di servizi informatici Oracle ha protestato pubblicamente perché, a detta sua, il bando per il progetto Jedi era stato “scritto attorno a un particolare tipo di servizio in cloud”: quello di Amazon Web Services. Altre critiche sono arrivate per la decisione di destinare uno stanziamento di queste proporzioni (ben dieci miliardi di dollari) a un’unica società: più fornitori che competono fra di loro, hanno fatto notare in molti, potrebbero consentire un abbassamento dei costi per l’amministrazione pubblica e un contestuale miglioramento della qualità del servizio.
Le preoccupazioni principali risiedono tuttavia sulle conseguenze che una simile concentrazione di responsabilità potrebbe avere sulla gestione di infrastrutture e dati sensibili. Come visto, Amazon è già un contractor del governo federale. Se si aggiudicasse il progetto Jedi, come ormai sembra scontato, si imporrebbe sempre più come uno dei principali fornitori dell’amministrazione statunitense. “Sembra che si stiamo indirizzando verso una nuova configurazione del governo e dell’industria, senza aver riflettuto prima su tutte le applicazioni che ciò potrà avere”, ha affermato Steve Aftergood, esperto di intelligence e privacy, dopo essere stato contattato dalla Mit technology Review. “Ogni volta che dai forma a una nuova concentrazione di potere e influenza – ha proseguito – è necessario creare un contrappeso che abbia l’autorità e la capacità di effettuare una sorveglianza efficace: al momento tutto ciò non sembra aver ricevuto l’attenzione che meritava”.