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Vizi e virtù del secondo pilastro

Innovazione e flessibilità spingono il settore, ma pesano miopia imprenditoriale e ritrosia al cambiamento

In crescita, ma si può sempre fare meglio. Soprattutto di fronte a risorse che, seppur non scarse come in passato, potrebbero essere usate in maniera più efficiente. Il secondo pilastro del welfare è ormai una realtà consolidata nel nostro Paese. E secondo Franca Maino, direttrice del laboratorio Percorsi di secondo welfare, può diventare una delle chiavi per contenere la spesa sociale e offrire servizi utili ai cittadini. “Nonostante i segnali di superamento della crisi, il problema delle risorse resta”, ha ammonito nel corso del suo intervento all’evento Per un nuovo welfare: da costo a risorsa per lo sviluppo, una due giorni di dibattito e confronto promossa da Confartigianato ai primi di novembre a Milano. “In questo contesto – ha aggiunto – il secondo welfare può costituire una via d’uscita verso una miglior allocazione delle risorse”.

A detta di Maino, il secondo pilastro “si integra al primo welfare, lo modernizza ed esplora nuove necessità, rispondendo in maniera innovativa alle esigenze della popolazione”. Flessibilità e innovazione sono proprio le armi in più del settore, che può così andare a colmare le lacune di uno Stato sociale troppo concentrato sui soli bisogni di sanità e previdenza. Il tutto con positive ricadute sull’intero territorio. “Si va sempre più verso prestazioni che hanno effetti benefici anche al di fuori del perimetro aziendale”, ha osservato Maino.


Se la crescita del settore appare innegabile, restano ancora zavorre che potrebbero sfavorire un più fluido e naturale sviluppo del mercato. Innanzitutto, come ha affermato Maino, si osserva “una sorta di ritrosia al cambiamento”. Quasi un ossimoro rispetto all’innovazione che costituisce uno dei punti di forza del settore, che si sostanzia in una “scarsa propensione al cambiamento e alla condivisione di esperienze positive. C’è poi, ha aggiunto Maino, “una certa miopia imprenditoriale che rifugge da settori dove non si palesa un immediato ritorno economico”. Infine, ma non meno importante, permane discrasia fra domanda e offerta. “È necessario – ha concluso Maino – analizzare la domanda prima di predisporre l’offerta: in caso contrario, c’è il serio rischio che le soluzioni proposte non vadano incontro alle esigenze della popolazione, cadendo di fatto nel vuoto”.