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Covid-19, un moltiplicatore di disuguaglianze

Secondo l’ultimo report WeWorld Index, la pandemia ha portato a un peggioramento del livello di inclusione: in due Paesi su tre non è garantita una vita dignitosa a donne e bambini

Sono 110 su 172 i Paesi in cui donne e bambini stanno subendo forme di esclusione (in 49 Paesi forme di esclusione gravi o gravissime, un paese su tre). La pandemia da Covid-19 ha portato a una limitazione dei diritti fondamentali per donne e bambini nel mondo con un fortissimo impatto negativo sull’accesso all’istruzione generalizzato in tutti i Paesi. Questi i principali risultati dell’edizione 2020 di WeWorld Index, il rapporto annuale che misura il livello di inclusione di donne e bambini in 172 Paesi nel mondo attraverso 34 indicatori, condotta da WeWorld, organizzazione italiana che da 50 anni difende i diritti di donne e bambini in 27 Paesi compresa l’Italia.
Il rapporto, giunto alla sesta edizione, quest’anno include un approfondimento sull’impatto del Covid nell’educazione di bambini e adolescenti. Lo studio scatta un’istantanea sul mondo ai tempi del Covid con l’aggiunta di tre nuovi indicatori che misurano l’impatto del Covid su salute, educazione ed economia. Ciò che emerge è che due Paesi su tre non garantiscono una vita dignitosa alle fasce più vulnerabili: più violenza, minor accesso a istruzione e cure mediche e mancanza di un ambiente sano in cui crescere sono le caratteristiche dei paesi più a rischio. Nel 2020 sono aumentati del 5% i paesi con un livello di inclusione non sufficiente, questo significa che se il ritmo resta costante entro il 2030 avremo altri 26 paesi sotto la media/non in grado di assicurare sufficienti livelli inclusione per donne e bambini.
Secondo Marco Chiesara, presidente WeWorld, “considerando nella classifica del 2020 gli indicatori relativi al Covid-19, si rileva un generale peggioramento dell’inclusione di donne e bambini. È probabile che a lungo termine l’impatto della pandemia sarà più forte nei Paesi in fondo alla classifica: economie a basso reddito, dove gli effetti del Covid-19, anche a fronte di un minor numero di contagi, rischiano di essere amplificati a causa delle condizioni già instabili per l’inclusione di donne e bambini”. Chiesara sottolinea che questi Paesi, i quali non dispongono delle risorse necessarie per far fronte adeguatamente agli effetti della pandemia, “rischiano di rimanere ancora più indietro. Inoltre, molti di questi si trovano in aree geografiche colpite da altre crisi: cambiamenti climatici e disastri naturali, condizioni croniche di povertà, conflitti armati, governi autoritari e non democratici e, nei casi più estremi, forme di schiavitù moderna”.

I tagliati fuori dall’online

L’impatto del Covid come moltiplicatore di disuguaglianze è evidente in molti ambiti. Basti pensare che con l’introduzione dello smart working nel lockdown e della didattica a distanza è triplicato il traffico online, nonostante questo solo il 55% delle famiglie ha accesso a una connessione Internet stabile (solo 19% in quelli meno sviluppati). A questo si aggiunge che saranno oltre 11 milioni le bambine che dopo la crisi del Covid non rientreranno a scuola, mettendole a rischio di gravidanza precoce, abusi e matrimonio forzato. Per un’azione efficace che abbia un impatto positivo sui livelli di inclusione di donne e bambini a livello mondiale, si sostiene, serve un approccio olistico che includa le diverse dimensioni legate a salute, istruzione, economia, società e non solo interventi sporadici e isolati. Il WeWorld Index 2020 considera 172 Paesi, comparando le condizioni e la qualità della vita di donne e bambini e stilando una classifica mondiale che va dai Paesi con miglior livello di inclusione ai Paesi caratterizzati da gravissima esclusione.
La classifica finale del WeWorld Index è stata ottenuta valutando le condizioni di vita dei soggetti più a rischio esclusione, donne e bambini, attraverso l’analisi di 34 indicatori raggruppati in 17 dimensioni che si riferiscono a quattro elementi: salute, istruzione, economia e società, oltre al contesto ambientale e culturale.
Come accennato, nell’Index 2020, le conseguenze della pandemia sono state prese in considerazione aggiungendo 3 nuovi indicatori: casi confermati di persone infette per Paese, raccolti dall’Oms; aumento percentuale del Pil nel 2020 per Paese (Fondo Monetario Internazionale); giorni di chiusura delle scuole per Paese (Banca Mondiale e Unesco).

Norvegia e Finlandia prime, chiudono Yemen e Afghanistan

Con il WeWorldIndex si ribadisce la necessità di passare dal mero riconoscimento di alcuni diritti alla loro concreta realizzazione attraverso lo sviluppo delle capacità, intese come le effettive possibilità che le persone, soprattutto donne e bambini, hanno per raggiungere i propri obiettivi. La ricerca dimostra anche con esempi concreti come le condizioni di vita di una donna influenzino le condizioni di vita dei bambini, e viceversa, considerando quattro aree di azione: salute, educazione, economia, società. La Norvegia, seguita al secondo posto da Finlandia, Islanda e Svezia, si riconferma prima in classifica. Nel complesso, i paesi dell’Europa centrale e settentrionale, oltre a Nuova Zelanda, Canada e Australia, sono ancora nelle posizioni più alte, come lo sono stati fin dall’inizio della serie dell’Index. Tutti i paesi africani nella zona del Sahel, più la Repubblica Centrafricana e la Repubblica Democratica del Congo e i due Paesi asiatici, Yemen e Afghanistan (rispettivamente 162° e 165°) sono classificati nelle ultime posizioni. All’ultimo posto c’è il Sud Sudan preceduto da Ciad e Repubblica Centrafricana, che per la prima volta non occupa l’ultima posizione. Tra le tante disuguaglianze evidenziate dall’emergenza Covid-19, l’accesso all’istruzione è una delle più evidenti. Nel marzo 2020 la maggior parte dei Paesi ha introdotto la chiusura a livello nazionale di servizi di istruzione alla prima infanzia, scuola e università, colpendo oltre il 91% della popolazione studentesca mondiale, più di 1,5 miliardi di alunni. Per mitigare l’impatto della chiusura delle scuole, i governi di tutto il mondo hanno implementato programmi di apprendimento a distanza su radio, televisione e attraverso lezioni online. Tuttavia, fare affidamento solo su questo mezzo ha aggravato le disuguaglianze, essendo l’accesso a Internet non egualmente disponibile per tutte le classi sociali e nelle diverse aree geografiche. A livello globale, solo il 55% delle famiglie dispone di una connessione Internet: nel mondo sviluppato l’87% è connesso, rispetto al 47% nei Paesi in via di sviluppo, e solo il 19% nei Paesi meno sviluppati.

Le conseguenze del blocco dell’istruzione

Secondo Marco Chiesara, il blocco dell’istruzione “ha avuto un devastante effetto domino con un impatto sociale ed economico di vasta portata su famiglie, comunità e società nel suo insieme, soprattutto per le aree e i gruppi più vulnerabili. Il Covid-19 – sottolinea – ha dimostrato che i sistemi educativi tradizionali non sono adeguatamente attrezzati per rispondere alla crisi e devono cambiare”. A livello mondiale, l’emergenza sanitaria e le successive misure di blocco hanno portato a una riduzione del 20% dell’offerta di servizi sanitari essenziali. In Italia quasi il 70% dei giovani con cui WeWorld lavora nelle periferie non ha né pc/tablet né una connessione Internet a casa. La posizione dell’Italia è peggiorata ulteriormente dal primo anno di pubblicazione del WeWorld Index, regredendo di ben 11 posizioni e di 10 punti. Il peggioramento riguarda in particolare la condizione dei bambini il cui capitale economico ed educazione si sono aggravati, anche a causa della pandemia. Anche la condizione delle donne mostra segnali preoccupanti, specie per quanto riguarda la dimensione economica (occupazione e reddito femminile). Nel nostro Paese la spesa per l’educazione è tra le più basse in Europa, mentre nel mondo, secondo il WeWorld Index, siamo al 92esimo posto su 137 Paesi. L’Italia è 52esima su 149 paesi per tassi d’iscrizione alla primaria. Da più parti si segnala come l’Italia sia carente di asili nido: questa mancata inclusione dei bambini si ripercuote anche sulle donne e sulla loro possibilità di entrare e rimanere nel mercato del lavoro. Il 20% delle madri interrompe il lavoro dopo la nascita dei figli (Istat).

L’inasprimento delle disparità

Con l’arrivo della didattica a distanza, avverte il report, si corre il rischio di andare incontro a un inasprimento delle condizioni di disuguaglianza preesistenti: in Italia il 23,9% delle famiglie non ha Internet e il 12,3% dei bambini tra i 6 e i 17 anni non ha computer o tablet a casa. L’Italia registra ancora tassi di disoccupazione elevati; è 136esima su 176 Paesi. Si registrano invece performance migliori per quanto concerne la salute: il tasso di mortalità infantile in Italia è del 3 per 1000 (12° su 176 Paesi).
Per quanto riguarda le donne, l’Italia si colloca bene su salute ed educazione: rispetto alla percentuale di donne laureate sul totale dei laureati, ci posizioniamo 47esimi su 127 Paesi. Le diseguaglianze aumentano passando alla dimensione economica: l’Italia si posiziona infatti 131esima su 175 per i tassi di disoccupazione femminile e 91esima su 145 per differenziali di reddito rispetto agli uomini. Rispetto alla dimensione politica si notano miglioramenti: la percentuale delle donne nei board delle società quotate in Italia è al 34,6%, ma non si registrano aumenti della percentuale femminile nel management. Ciò si traduce ancora in un divario salariale: per quanto riguarda il gender gap Index infatti l’Italia è 76esima su 153 Paesi.