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Crisi alimentare, una minaccia per la stabilità di dozzine di Paesi

Secondo un report di Fao e Wtp, la situazione sarebbe peggiore di quella che nel 2011 portò alle Primavere arabe: l’allarme riguarda 750mila persone che rischiano la morte per fame, soprattutto in Etiopia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen

La battaglia del grano tra Ucraina e Russia sta per provocare effetti drammatici a livello mondiale, e una crisi alimentare diffusa potrebbe essere imminente. La fame minaccia la stabilità in dozzine di Paesi in cui le condizioni ora sono molto peggiori rispetto alle Primavere arabe del 2011 e alla crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008, quando 48 paesi del Nord Africa e del Medio Oriente sono stati scossi da disordini politici, rivolte e proteste.
A lanciare l’avvertimento sono la Fao e il Wfp (World Food Programme, il programma alimentare delle Nazioni Unite) nel nuovo rapporto “Hunger Hotspots Fao-Wfp early warnings on acute food insecurity”.

Secondo lo studio, sono Etiopia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen i paesi del mondo che rimangono nella massima allerta come hotspot con condizioni catastrofiche e Afghanistan e Somalia sono nuovi ingressi, con 750mila persone che rischiano la fame e la morte: 400mila di questi si trovano nella regione del Tigray in Etiopia”. Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Sahel, Sudan e Siria restano “altamente preoccupanti”, come pure Kenya, Sri Lanka, Benin, Capo Verde, Guinea, Ucraina, Zimbabwe, Angola, Libano, Madagascar e Mozambico.

I punti caldi dell’emergenza

“Conflitti, condizioni meteorologiche estreme, shock economici, impatti persistenti del Covid-19 e gli effetti a catena della guerra in Ucraina – si legge nel Report – spingono milioni di persone nei Paesi di tutto il mondo alla povertà e alla fame, mentre i picchi dei prezzi di cibo e carburante avvicinano le nazioni all’instabilità”. Shock, si rileva, che hanno colpito contesti già caratterizzati da emarginazione rurale e fragili sistemi agroalimentari. Da qui la richiesta contenuta nel Rapporto di un’azione umanitaria urgente in 20 'punti caldi' dell'emergenza cibo dove si prevede un peggioramento della fame acuta da giugno a settembre 2022.

Il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, ha espresso grande preoccupazione “per l’impatto combinato di crisi sovrapposte che mettono a repentaglio la capacità delle persone di produrre e accedere agli alimenti, spingendo altri milioni di persone a livelli estremi di insicurezza alimentare acuta. Siamo in una corsa contro il tempo per aiutare gli agricoltori nei paesi più colpiti, anche aumentando rapidamente la produzione alimentare potenziale e aumentando la loro resilienza di fronte alle sfide”.
La sfida, ha avvertito il direttore esecutivo del Wfp, David Beasley, è contro una “tempesta perfetta che non solo danneggerà i più poveri tra i poveri, ma travolgerà anche milioni di famiglie che fino ad ora hanno quasi tenuto la testa fuori dall'acqua. Abbiamo già visto cosa sta succedendo in Indonesia, Pakistan, Perù e Sri Lanka: questa è solo la punta dell’iceberg. Abbiamo soluzioni. Ma dobbiamo agire in fretta”.

Clima e guerra disegnano una nuova normalità

Secondo il report siamo entrati in una “nuova normalità” in cui siccità, inondazioni, uragani e cicloni decimano ripetutamente l’agricoltura e l’allevamento. In particolare le preoccupanti tendenze climatiche legate a La Niña dalla fine del 2020 “dovrebbero continuare fino al 2022, aumentando i bisogni umanitari e la fame acuta”.

Una siccità senza precedenti in Africa orientale che colpisce Somalia, Etiopia e Kenya “sta portando a una quarta stagione consecutiva di precipitazioni al di sotto della media, mentre il Sud Sudan dovrà affrontare il suo quarto anno consecutivo di inondazioni su larga scala”, e piogge superiori alla media nel Sahel; stagione degli uragani più intensa nei Caraibi e piogge al di sotto della media in Afghanistan.

Intanto, gli Stati Uniti hanno allertato 14 Paesi, in gran parte in Africa, che navi russe piene di quello che un cablogramma del dipartimento di Stato americano definisce "grano ucraino rubato" potrebbero essere dirette nei loro porti, invitandoli a non accettare le lusinghe di prodotti a buon mercato che li renderebbero complici di un crimine di guerra. Secondo Kiev, Mosca ha sottratto 500 mila tonnellate di grano, per un valore di 100 milioni di dollari, trasferendolo nei porti in Crimea e poi caricandolo sui suoi cargo.