Mercati, il 2018 chiuderà un ciclo
Il 2018 potrebbe essere l'ultimo anno di tranquillità sui mercati azionari, la cui fase ribassista chiuderà il ciclo economico. Questo per varie ragioni: l’assetto più aggressivo delle banche centrali (in primis della Federal Reserve), con l’inasprimento dei tassi, ha spinto al rialzo la volatilità e, giacché la stretta monetaria è destinata a durare nel tempo, anche l’aumento della volatilità proseguirà causando rendimenti in calo in quasi tutte le asset class nel corso dell’anno. Il secondo trimestre di quest’anno segna quindi l’inizio della fine della Goldilocks economy, cioè un ambiente caratterizzato da moderata crescita economica, bassa inflazione e che consente una politica accomodante da parte delle banche centrali.
Questo è lo scenario che prefigura Witold Bahrke, senior macro strategist di Nordea, un importante asset manager, nella sua ultima analisi sull’economia mondiale in questa seconda fase del 2018. Il gestore prevede che il picco massimo per le azioni debba ancora arrivare ma certamente lo scossone subito a febbraio potrebbe indicare l’avvicinarsi di questa vetta. Questi andamenti prefigurano la fine di un ciclo economico che sarà preceduta da "un crollo degli spread di credito e un’inversione della curva dei rendimenti, lasciando poi il posto a un picco dei titoli azionari e, infine, a una recessione". Nonostante non ci siano segnali di panico sui mercati, spiega Bahrke, "il credito ha sottoperformato nel primo trimestre e gli spread si stanno muovendo sempre più al ribasso".
Tuttavia, il rischio principale nello scenario macroeconomico diventerebbe quello azionario, poiché il comparto non riuscirebbe più "a mantenere viva una fase rialzista, seppure in corso di esaurimento". C’è anche un altro elemento che desta l’attenzione degli analisti: a febbraio, le correlazioni fra rendimenti e azioni sono diventate negative, a differenza di gran parte del 2017. Il lieve aumento dei tassi è stato accompagnato da un calo delle azioni, "a segnalare che potremmo essere vicini alla soglia del dolore dei tassi e della solidità sottostante dell’economia, malgrado i tassi reali e nominali siano ancora storicamente bassi".
Una soglia del dolore quindi molto bassa, che è indice di uno scenario di scarsa crescita. I mercati poi sono più nervosi riguardo all’inflazione, che nel 2018 dovrebbe crescere in un contesto però di sviluppo più lento: al contrario di quanto avvenuto nel 2017. Il rischio di un’impennata dell’inflazione a breve termine "è molto probabile", scrivono da Nordea. "I tagli fiscali promossi da Trump – commenta infine Bahrke – stanno alimentando la tensione riguardo all’inflazione. L’economia statunitense sta procedendo alla massima velocità e ulteriori stimoli favorirebbero un aumento dei salari oltre la crescita reale, spingendo la Fed a inasprire il suo approccio con maggiore veemenza".