In Italia diminuiscono gli anziani: 7 milioni in meno
Nella classifica dei paesi più longevi l’Italia si attesta da anni nelle prime posizioni. Con un’età media della popolazione, secondo i dati Istat, di 80,6 anni per gli uomini e 85 per le donne. Negli anni 90 la popolazione che ha compiuto 65 anni è passata da 8.3 milioni a 13.3 milioni e quella degli 80enni ha superato le 4 milioni e 200mila unità. La vita si allunga di un trimestre in più ogni anno che passa. Vale a dire che negli ultimi 12 anni gli italiani hanno guadagnato 3 anni di vita (20 dal 1900 a oggi). Non solo, larga parte della popolazione tra i 60 e i 75 anni è in ottima forma e in salute per l’effetto ritardato dello sviluppo di malattie e delle cure.
La presa d’atto ufficiale della radicale trasformazione della popolazione italiana avviene durante il Congresso dall’associazione che riunisce i gerontologi e geriatri italiani che sposta di 10 anni l’età della vecchiaia portandola da 65 a 75 anni. Di colpo 7 milioni di italiani non sono più anziani. La rivoluzione è stata a lungo offuscata dai titoli sull’invecchiamento della popolazione e sulle battaglie politiche riguardanti l’età pensionabile, eppure, se negli anni 50 era naturale definire un sessantenne anziano, oggi non è più così.
Nella nuova stesura delle fasce d’età della Società Italiana dei Gerontologi e Geriatri Italiani rimangono pressappoco uguali rispetto agli anni ‘50 le prime due: quella dei bambini e quella degli adolescenti. I primi hanno un’età compresa tra 0 a 11 anni e i secondi tra 12 a 19 anni.
Il cambiamento è evidente invece nella fascia dei giovani che da pochi anni in Italia si è allungata e sdoppiata: si è giovani fino a 28 anni. E poi giovani-adulti fino a 35 anni.
Se negli anni ‘50 era normale per un 25enne lavorare, uscire di casa, sposarsi e avere un figlio, essere cioè definito adulto, oggi questo avviene a 36 anni.
Over 60, 3 nuove fasce d’età
Mentre negli anni ‘50 si rimaneva adulti fino a 60 anni, dopodiché si diventava anziani, oggi le cose sono molto cambiate. Per classificare gli over 60 sono state individuate tre nuove fasce d’età.
La prima, i tardo-adulti (o giovani-anziani), che lavorano fino all’età pensionabile e poi svolgono il lavoro di nonni a tempo pieno (57% dei casi). Hanno una vita sociale decisamente dinamica e una parte minoritaria è pronta anche a rimettersi in gioco sentimentalmente. Infatti sono in aumento le separazioni e le nozze tra gli over sessanta.
Tra i 75 e gli 85 ci sono gli anziani che per una gran parte continuano a mantenere una discreta autonomia e salute. Si è evidenziato una correlazione molto forte tra il continuare a mantenere relazioni sociali e affettive e lo stato di salute psicofisica.
E poi ci sono i tardo-anziani che vanno dagli 85 anni in su. Si rileva inoltre che i centenari non sono più una rarità, ma nell’ultimo anno hanno superato quota 15.000.
I punti fermi per rimanere in salute
Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980.
Una sana alimentazione, uno stile di vita corretto, relazioni sociali e attività fisica costante contribuiscono a mantenere in salute le persone. I miglioramenti dello stato di salute sono inoltre una conseguenza diretta dell’aumento della prevenzione e dei numerosi progressi della scienza e della medicina.
L’Italia vanta, infatti, l’indice di stato di salute più alto d’Europa. La troviamo in cima alla classifica con un valore pari a 6,8, seguita dalla Spagna (6,5) e dalla Francia (6,3). Bolzano con 9,4 è la provincia autonoma italiana con il più alto stato di salute. In coda alla graduatoria c’è invece la Campania (2,7).