Lo spettro dell’abbandono scolastico
Secondo gli ultimi dati Eurostat, l’Italia continua a collocarsi agli ultimi posti in Europa per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico, ma a preoccupare è anche l’abbandono scolastico implicito, ovvero a quella percentuale di persone (circa il 7%) che pur andando a scuola e conseguendo i titoli di studio non acquisisce le competenze richieste, come hanno evidenziato i risultati delle recenti prove Invalsi.
Ogni sette bambini che frequentano la scuola dell’obbligo ce n’è uno che porta i sintomi della disaffezione scolastica. È quanto confermano i primi dati dell’Indagine sul benessere scolastico condotta da Mani Tese e Giunti Psycometrics in cinque regioni italiane. L’indagine è stata realizzata nell’ambito dell’iniziativa Piccoli che Valgono!, un progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, promosso da Mani Tese insieme ad altri partner. L’indagine, che è durata tre anni e ha coinvolto 1.277 bambini tra i 9 e i 13 anni, intende promuovere il contrasto del disagio minorile scolastico e prevenire le cause di dispersione e abbandono. All’indagine hanno collaborato Ciai, Il Timone, Coop. Sociale Cellarius, Faber City, Centro Studi Villa Montesca, Giunti Psychometrics, Guardavanti, Lama Development And Cooperation Agency, Universita’ Bicocca, Universita’ Ca’ Foscari, le scuole e i comuni di cinque regioni italiane.
Rabbia, paura e tristezza
I dati dell’indagine mostrano uno spaccato del fenomeno. “Il risultato che emerge con più evidenza – spiega la ricerca – è una sorta di costante situazione di disagio, che riguarda una fascia di minori in una percentuale che si attesta sempre intorno al 15%”. Secondo Giacomo Petitti, responsabile educazione e formazione di Mani Tese, “circa un bambino su sette manifesta un malessere fin dagli ultimi anni della scuola elementare che, se non intercettato per tempo, può facilmente trasformarsi in dispersione e contribuire alle ragioni dell’abbandono, su cui l’Italia continua a mostrare valori preoccupanti rispetto alla media europea”.
La ricerca spiega che il 13% degli intervistati percepisce i genitori come non supportivi perchè “rimproverano sempre” (4,9%), “lasciano fare ai bambini tutto ciò che vogliono (5,3%) o più semplicemente “si fanno gli affari loro” (2,9%). Una percentuale analoga si ritrova nelle emozioni provate a scuola: a fronte di una maggioranza che prova stati emotivi positivi o neutri, il 15% degli studenti dichiara sentimenti negativi come rabbia, paura, tristezza e disperazione nel rapporto con gli insegnanti. La scuola in generale suscita emozioni negative nel 20% dei partecipanti, con un significativo aumento nel passaggio tra la primaria e la secondaria di primo grado. Il malessere si evidenzia anche attraverso le strategie di evitamento (al 15% capita di chiedere ai genitori di essere tenuto a casa da scuola) e le relazioni tra pari (il 9% non ha o ha pochissimi amici nel contesto scolastico). Se si guarda al contesto extrascolastico le cose non migliorano. La percentuale di minori che fuori dalla scuola dichiarano di non provare stimoli piacevoli è, manco a dirlo, del 15%.
Dai dati che riguardano la motivazione allo studio, inoltre, emerge che circa la metà degli intervistati dice di avere “poco o nessun interesse per lo studio” o dichiara di “non essere particolarmente interessata a imparare cose nuove”. Un dato positivo, sottolinea la ricerca, riguarda la fiducia negli adulti: il 95% degli intervistati dichiara di fidarsi molto o moltissimo degli insegnanti e dei genitori, un numero quasi assoluto che indica una strada chiara per ridurre il disagio. Secondo Petitti, gli insegnanti, i genitori e le figure che svolgono un ruolo educativo “devono farsi corresponsabili di un patto educativo per restituire il più possibile ai bambini quella fiducia che è stata loro accordata, e farla diventare una risorsa”